Rassegna storica del Risorgimento

ISTITUTO MAZZINIANO DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI; PARETO LORENZ
anno <1976>   pagina <496>
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Libri e periodici
Si tratta, quindi, dei perìodo immediatamente successivo a quello napoleonico che, nel ducato estense, fu particolarmente vivo e spirò come un soffio di vita nuova su istituti e consuetudini superate dal tempo. E tra questi istituti, particolarmente impopolare, per i reggiani, era considerato il dominio della casa Estense.
Quando, come conseguenza della restaurazione, venne restituito il ducato di Modena a Francesco IV, questi pensò bene di ristabilire l'ordine basandolo su di un governo rigi­damente assolutistico: emarginò chiunque avesse detenuto potere nel precedente ordina­mento politico, abolì il codice napoleonico, richiamò i Gesuiti ai quali delegò i compiti del­l'insegnamento, e, di fatto, instaurò imo Stato di polizia che poteva solo portare, come portò, alla organizzazione delle Sette segrete.
Questa attività repressiva culminò con la sentenza del Tribunale Statario Straordi­nario di Rumerà (1822) che, come atto più clamoroso, decretò la condanna a morte, poi eseguita, di don Giuseppe Andreoli. Certo anche la magistratura del Lombardo-Veneto emise numerose condanne a morte, ma queste furono tutte commutate in pesanti condanne allo Spielberg ed a Lubiana. Nel Ducato di Parma due sole furono le condanne a morte, com­mutate col carcere dalla duchessa Maria Luigia.
Quest'opera di Dino Pampari è tanto più preziosa ove si considerino le grandi diffi­coltà di reperimento delle fonti, come avverte l'A. nella premessa, per la scomparsa quasi totale dei documenti riguardanti i processi politici del 1822-23 , e perché molti di questi documenti vennero dati alle fiamme per ordine del Duca, costretto ad abbandonare pre­cipitosamente Modena per lo scoppio della rivoluzione del 1831 . Inoltre, e direi soprat­tutto, questo lavoro si qualifica per la nuova luce in cui vengono posti sia i patrioti estensi, sia Antonio Panizzi, anche se quest'ultimo, come afferma l'A.. successivamente si comportò in modo da guadagnare alla causa italiana le simpatie e l'appoggio prezioso dei perso­naggi più influenti della politica britannica e persino di Napoleone III ,
Questi a nostro avviso i punti più qualificanti, ampiamente documentati, e per molti aspetti inediti: la posizione dei patrioti e la figura di Antonio Panizzi.
Per quanto concerne la posizione dei patrioti estensi occorre precisare che mentre nel Lombardo-Veneto ed a Parma le istruttorie vennero affidate ad apposite Commissioni che offrirono agii inquisiti singolari garanzie di legalità, nei domini estensi l'istruttoria fu affidata esclusivamente al Direttore di Polizia avv. Giulio Besini, che agì, senz'altro, in modo diverso anche perché a ciò sollecitato dall'estremo rigore con cui Francesco IV dimo­strava di voler soffocare la cospirazione. Si aggiunga a ciò il sospetto che l'inquirente ricor­resse perfino alla somministrazione fraudolenta di farmaci capaci di obnubilare la mente. Questo abuso fu denunciato prima dal Mazzini nel 1845 nella sua lettera aperta a Sir James Graham e, in seguito, dal La Farina, da Nicomede Bianchi, dal Farini, dal Silingardi, dal Vannucci, dal Balletti. Più tardi, nel 1859, l'accusa venne confermata da quasi tutti i cospiratori superstiti che furono interrogati dalla magistratura per ordine del Dittatore Farini.
In questo stato di estremo disagio si trovarono i patrioti estensi i quali avvertirono subito di non essere sottoposti a regolari istruttorie. A ciò sì aggiunga che la loro posizione fu resa estremamente precaria dal fatto che, a differenza di quanto avvenne nel Lombardo-Veneto e nel Ducato di Parma (dove le sentenze resero note solo genericamente le imputa­zioni e tutto quanto era emerso nei processi fu tenuto scrupolosamente segreto), nei domini estensi le sentenze non solo vennero pubblicate con la meticolosa elencazione delle rispet­tive imputazioni, ma, assai più grave, Francesco IV, stendendo il testo della ratifica delle sentenze, lasciò chiaramente capire quali dei condannati avessero fornito importanti lumi alla Giustizia . Unico aspetto positivo del comportamento del Duca, fu che egli si limitò a confermare le sentenze, senza infierire sulle posizioni dei singoli.
Cosi i settari estensi furono colpiti da immediato discredito, mentre quelli del Lom­bardo-Veneto furono protetti da un geloso riserbo e, sul loro comportamento, fu creata ima tradizione gloriosa destinata a durare sino ai primi anni del '900, allorché, ad opera del Luzio, fu intrapresa una scrupolosa revisione che sfrondò molti miti, dimostrando che an­che nel Lombardo-Veneto si erano avute confessioni, rivelazioni, delazioni. Più tardi, dopo la fine della prima guerra mondiale, quando fu possibile l'accesso agli archivi di Vienna ed il recupero di molti documenti del nostro periodo risorgimentale comprendenti anche i