Rassegna storica del Risorgimento
ISTITUTO MAZZINIANO DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI; PARETO LORENZ
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1976
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Libri e periodici
documento trovato dal Rau nell'Archivio episcopale di Tubarlo, nello Stato di Santa Catarina. Il 30 agosto 1835 Anita contrasse nozze con Manuel Duarte de Aguiar. Nello stesso Archivio fu trovato un altro documento (Libro dei battesimi n. 18 di Laguna) da cui risulta che i due giovani, Garibaldi ed Anita, intervennero il 21 settembre 1839 quali padrini nel battesimo di tale Edoardo Ferreira. Seguono le tristi vicende della guerra con gli Imperiali in cui la coppia si trova coinvolta, la ritirata drammatica nel territorio dei Curiti-bani, la prigionia di Anita, la fuga, il ricongiungimento con l'uomo amato. Siamo già nel 1840, anno della nascita (16 settembre) del primo figlio, Menotti, figlio del miracolo per le privazioni e le fatiche che la madre dovette sopportare mentre lo portava in grembo. Domenico Menotti, che era nato a Sao Luiz de Mostardas, in territorio brasiliano di fronte all'Atlantico, fu battezzato in Montevideo, il 23 marzo 1843, come risulta dal registro dei battesimi della Parrocchia di San Francesco d'Assisi. Anche per questo siamo grati al Rau che ci fa conoscere, altresì, un altro documento non noto agli studiosi costituito da un atto di promessa di matrimonio redatto il 21 marzo 1842 che precede di pochi giorni quello noto del matrimonio religioso (26 marzo) celebrato in facìe ecclesiae fra Giuseppe Domenico Garibaldi e Ana Maria de Jesus che, nella promessa, risultavano entrambi liberi da vincoli matrimoniali precedenti (pp. 234-237).
Il periodo uruguaiano dei Garibaldi va ininterrottamente dal 1841 al 1848, anno in cui in tempi diversi viaggiano per l'Italia. Durante questo periodo, Anita che in Brasile, nei momenti più drammatici della sua vita, aveva rivelato insospettato coraggio ed aveva combattuto con la spada in pugno accanto al consorte ed ai suoi compagni, si occupa di attività domestiche e della cura dei figli e raramente compare accanto allo sposo. Poi segue il periodo italiano della sua vita che, dopo la felice parentesi del soggiorno a Nizza nella famiglia dello sposo ed il breve passaggio per Roma repubblicana, doveva tragicamente concludersi nella tappa finale della marcia verso Venezia dei resti dell'esercito romano, nella pineta di Ravenna il 4 agosto 1849. Una vita avventurosa ed intensa di una oscura donna brasiliana si concludeva a soli 28 anni e passava alla storia ed alla leggenda. Ma è storia nota e documentata da mille testimonianze cui l'A. nulla può aggiungere tranne la minuziosa, puntigliosa descrizione dei luoghi, delle persone, delle circostanze fatta con l'amore di un biografo che cerca gli innumeri punti di riferimento in cui collocare nella luce migliore il suo personaggio e dello studioso che, anche se nuovo a queste ricerche, non vuole trascurare o omettere alcun elemento, anche insignificante o fuorviente, che contribuisca a renderne più compiutamente la figura. Occorre dire, al riguardo, che talvolta l'A. il suo personaggio se lo vede sfuggire dinanzi agli occhi tanto che la storia di Anita diventa la storia del suo sposo e della Legione Italiana di Montevideo e delle vicende belliche che nulla hanno a che vedere con Anita come quelle che si svolsero in Uruguay dove il suo Giuseppe era a capo della Legione e della flottiglia di guerra del Governo di Montevideo. Ad es., fra le pagine 291 e 323 l'A. pubblica, anche se in un capitolo di appendice, tutti gli elenchi (del resto già noti perché fatti conoscere dal Torterolo in Montevideo nel 1923) di tutti i combattenti, italiani e di ogni paese, che fra il 1843 e il 1848 si alternarono nella Legione. E di queste divagazioni, non necessarie nell'economia del lavoro, potremmo citarne parecchie.
Dobbiamo, per altro, notare che l'A. si avvale di una bibliografia rilevante sul tema, sia generale sia specifica, e che si è preoccupato di prendere contatto in tutti i Paesi in cui si svolse il breve ciclo terreno di Anita con studiosi ed istituzioni specializzati sui temi garibaldini o comunque in grado di fornire motivi vecchi o nuovi per una più completa indagine; poniamo, poi, in rilievo che quest'opera si inquadra, pur con una sua accentuazione agiografica, nel clima di giusto orgoglio con cui la gente delle province che furono toccate in Brasile dall'azione di Garibaldi, sente che il giovane eroe dei due mondi passa alla storia ed alla leggenda anche perché gli fu compagna, in una tappa rilevante della sua vita, la donna che i brasiliani di oggi sono fieri di avere dato alla storia d'Italia, del loro paese, dell'Uruguay come interprete di un ideale femminile proprio di tempi difficili in cui era necessario difendere la patria non soltanto dandole figli ma anche con le armi. Collocandola sotto questa luce, l'opera del Rau, svizzero trasferitosi fanciullo in Brasile e immedesimatosi con lo spirito e la sensibilità di quella gente, acquista una sua particolare rilevanza e la figura di Anita, anche se trascolorata in un alone di irrealtà e di leggenda, non per que-