Rassegna storica del Risorgimento

ISTITUTO MAZZINIANO DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI; PARETO LORENZ
anno <1976>   pagina <511>
immagine non disponibile

Libri e periodici
511
non pochi dei seguaci, quello che il Santarelli ha definito sorelismo di destra, egli non esito a prendere le distanze. Rifiutò allora recisamente le istanze nettamente conserva­trici del movimento nazionalista e fece di nuovo parte a sé , restando, alla vigilia della guerra, un isolato (p. 262).
Ampia fu certo, in tutto quel volgere di anni, la risonanza che le teorie e le prese di posizione soreliane ebbero in Italia e largo il loro ascendente su svariati settori dell'opi­nione pubblica. Ma è pur vero che il rapporto non fu mai unidirezionale. Il Furiozzi chia­risce come molto lo stesso Sorel dovette ai teorici italiani. Furono, in primo luogo, gli scritti del Croce del Ledda e del Merlino che, negli anni di fine secolo, lo avviarono A: verso un graduale abbandono del marxismo ortodosso (p. 50); e, da lì a qualche anno, sulla elaborazione soreliana della teoria sindacalista, un influsso notevole esercitarono Ar­turo Labriola ed Enrico Leone, Sergio Pa min zio e Walter Mocchi ...
Nell'ultimo capitolo {L'Italia <c verso un nuovo Medio Evo ), l'A. affronta la que­stione dei legami tra Sorel, Mussolini ed il fascismo, contestando decisamente l'asserzione secondo cui le teorie di Sorel potevano ispirare tanto un fascista come un comunista (p. 348). Premesso che la presunta a filiazione diretta sorelismo-fascismo è dovuta a colpe di ispirazione o di convergenza, colpe che non furono sue o della sua ideologia come tale, quanto piuttosto di coloro che, per incomprensione o in malafede, procedettero ad un sostanziale travisamento del suo pensiero (p. 350), egli ripercorre i momenti sa­lienti dei rapporti tra i due personaggi e sottolinea il fatto che, solo dal 1922, già al po­tere, Mussolini, alla ricerca di una mitologia della sua preparazione intellettuale si riav­vicinò al Sorel per farne uno dei suoi maestri spirituali (p. 351). Conclude infine ricor­dando la condanna [...3 pressoché totale (p. 353) del pensatore francese verso il fasci­smo, condanna, del resto, già ampiamente espressa, fin dagli anni della guerra, nei con­fronti di vociani, dannunziani, di nazionalisti in genere e del residuo sindacalismo rivolu­zionario italiano, il quale, della ideologia soreliana oc non conservava più, ormai, che una vuota e distorta fraseologia (p. 310).
CABLO VERDUCCI
VIRGILIO MURA, Cattolici e liberali nell'età giolittiana. H dibattito sulla tolleranza', Bari, De Donato, 1976, in 16, pp. 271. L. 4.000.
L'interesse storiografico per l'età giolittiana sembra non subire attenuazioni nonostante il numero ormai cospicuo di titoli che la riguardano. Da quando Croce, nella sua celebre Storia d'Italia, ne vide addirittura l'attuazione dell'idea di un governo liberale che veniva implicitamente opposto al regime fascista ed alla sua degenerazione morale, la tradizione storiografica ha compiuto molto cammino, anche, e soprattutto in questi ultimi anni, nel Senso di ima revisione, talvolta persino dissacrante, delle tesi crociane. E ciò è avvenuto spesso perché certa storiografia ha visto nello studio di G io li t ti e del suo tempo l'osserva­torio migliore per comprendere il fenomeno fascista, del quale nei primi anni del secolo sarebbero emerse le anticipazioni.
È un tipo di storiografia che, muovendo spesso da intenti aprioristici di giustificazione ideologica, finisce sempre per spiegare tutto ciò che desidera, ma non dimostra mai niente. Se si fa, infatti, la storia delle affezioni dell'età liberale che hanno condotto l'Italia al fascismo, si dovrebbe fare contemporaneamente la storia di quei pregi che potevano por­tarci ad tm diverso e migliore risultato, e dimostrare che questi sarebbero stati comunque soccombenti. Altrimenti, si finisce per usare un metodo d'analisi che potrebbe essere como­damente utilizzato sia per la ricostruzione storica, sia per la futurologia.
Non è questo un appunto specifico che rivolgiamo al volume di Virgilio Mura, perche l'A. limita il suo campo d'analisi all'età giolittiana e solo talvolta, e di sfuggita, trae conseguenze e implicazioni che esulano da questi limiti temporali. Tuttavia, ci pare che l'A. partecipi di taluni vizi della storiografia di cui dicevo, quando indulge a presentare i nuovi rapporti fra liberali e cattolici che maturavano nei primi anni del secolo, ed il dibat­tito Bulla tolleranza che ne sarebbe il riflesso ideologico, come una necessità storica della