Rassegna storica del Risorgimento

ANGELONI LUIGI
anno <1977>   pagina <19>
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L. Àngeloni tra liberalismo e democrazia 19
viduo contro la collettività, ma quelle dei gruppi, delle autonomie locali contro un ipotetico governo nazionale che tende all'accentramento autoritario. Questo pensatore che viene dalle esperienze giacobine e che ha visto deluse le speranze rivoluzionarie della libertà con lo Stato autoritario di Napoleone prima e con quelli restaurati poi, conserva una avversione storica contro i pericoli del­l'accentramento dei poteri. Nel suo sistema costituzionale egli tende a traspor­tare alla periferia, agli Stati federali, ai comuni, vaste prerogative. La sua stessa simpatia per la democrazia diretta, tanto avversata dal pensiero liberale dell'800, caratterizza bene la sua personalità. Egli può non aver indicato le vie per la dis­soluzione del latifondo, secondo una tattica già adottata in Dell'Italia, sotto l'ur­genza di ricercare il consenso alla rivoluzione attraverso una moderazione delle sue idee politiche.
Detto questo, va precisato però che una risoluzione radicale dei problemi sociali è da lui vista come contraria alle leggi di natura, e condannata come im­pedimento alla espressione delle capacità individuali è la società di tipo comu­nistico del Buonarroti e dello Owen.62) Di fronte a queste conseguenze l'egua­glianza si fonda sulla necessità della organizzazione sociale; gli uomini sono eguali in quanto cittadini o membri della vita comunque aggregata. Se siano eguali in quanto uomini, questo è per l'Angeloni un problema non più politico, ma biologico-naturale. La sfera politica non ha il potere di equilibrare le diffe­renziazioni biologiche. Il conflitto tra l'ineguaglianza determinata da esse e la libertà di azione che lo Stato, pur fondato sull'ordine naturale, dovrebbe garan­tire ai membri del corpo sociale, non viene superato, né si elimina il rischio di affermare una pura eguaglianza di diritto. Sulla base delle teorie contrattuali­stiche il Rousseau aveva superato il liberalismo individualistico con la tendenza, propria della democrazia, a far valere anche nella sfera sociale l'eguaglianza puramente formale della sfera politica. Questa eguaglianza, fondata sulla natura dell'uomo, può essere logicamente dedotta dall'ambito politico a quello sociale; per l'Angeloni una deduzione di questo tipo non può avvenire in quanto l'egua­glianza è stabilita dalla necessità del consorzio civile, che giustifica il vigore sociale della legge, e non dalla costituzione naturale dell'uomo. Allontanandosi dalle premesse teoriche del contrattualismo, l'Angeloni si è preclusa la via lo­gica a quella eguaglianza presupposto indispensabile per la libertà che pure ha costituito la meta ideale della sua vita di rivoluzionario. La società ipotizzata dall'Angeloni, fondata sulla piccola proprietà contadina, se rischia di avere in comune con i reazionari l'anticapitalismo moralistico, è tuttavia le­gata alle esigenze della iniziativa democratica dei piccoli agricoltori. Perciò i problemi egalitari, con le loro involute soluzioni, non possono coinvolgere in una eguale involuzione la libertà di azione economica dei singoli, né possono essere considerati con la stessa chiarezza con cui verranno considerati dalla democrazia posteriore, che opererà nella prospettiva storica della nascente in­dustrializzazione. Solo una storiografia apologetica nei confronti dello sviluppo che la borghesia italiana dell'800 ha dato alla penisola potrebbe confondere l'anticapitalismo agricolo dell'Àngeloni, la sua difesa della piccola proprietà con­tadina, con certe posizioni regressive dell'anticapitalismo reazionario o religioso. Questo vede nella società agricolo-patriarcale l'ordine e la gerarchia sociale; l'Angeloni vede nella società contadina l'autonomia dei singoli, la libertà civile
62) L. ÀNGELONI, Della Forza cit,, voi. II, pp. 120 agg.; poi in Alla valente ed ani­mosa gioventù d'Italia, Londra, 1837, p. 19