Rassegna storica del Risorgimento
ANGELONI LUIGI
anno
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1977
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pagina
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20
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20
Bruno Di Sabantonio
e la partecipazione democratica alle pubbliche decisioni. In questo senso possiamo capire pure il giudizio troppo duro che l'Angeloni dà dello Stato napoleonico 63) e la sua convinzione secondo la quale quanto vi è di positivo nella legislazione napoleonica fosse non opera di Napoleone, che ogni libertà avrebbe voluto distruggere, ma sopravvivenza dello spirito della Rivoluzione.64) Questa sopravvivenza egli la vedeva principalmente nel riconoscimento, dato dallo Stato napoleonico, alla proprietà contadina nata con le leggi agrarie del periodo rivo* l'azionario. Egli ravvisava, invece, lo spirito della politica imperiale nella tendenza a perseguire un indirizzo economico-sociale opposto: quello dello sviluppo della produzione capitalistica con la conseguente distruzione progressiva dei rapporti sociali liberi, propri dell'economia agricola. L'imperialismo di questo Stato non era, per lui, che una diretta conseguenza della dissoluzione dei costumi liberi del mondo agricolo operata dalla espansione commerciale dell'economia capitalistica. Le spese esorbitanti dello Stato napoleonico, il suo fiscalismo, il suo pesante intervento nella vita pubblica, portano l'Angeloni ad una reazione radicale ad ogni forma di rafforzamento dei poteri dello Stato nei confronti della società civile. Constatata, almeno apparentemente, l'inefficace azione sociale stessa di quello Stato, l'Angeloni ha cercato di risolvere i problemi sociali nelle prerogative della società civile previste dalla costituzione federalista.65)
La situazione economico-sociale italiana costituisce l'oggetto preminente delle riflessioni politiche dell'Angeloni. La società da lui prospettata vuole risolvere un problema tipico della storia italiana del Risorgimento, quale quello agrario. Egli si è posto anche il problema della realizzazione del sistema federale, o, più in generale, della costituzione dei governi popolari occupandosi, con ciò, anche della dinamica della rivoluzione. La teoria della forza dialettica che vede nella vita politica tensioni naturali manifeste o latenti, aveva ricevuto, secondo lui, la verifica oltre che nella grande rivoluzione dell'89 negli eventi del '20'21. Ciò che aveva portato la rivoluzione al fallimento in Italia, come in Spagna era stata la sua mancata trasformazione in rivoluzione di popolo. Infatti, l'elemento che tiene in tensione la vita politica del suo tempo ed assolve alla funzione di un termine della dialettica politica in atto tra forze della libertà e forze dell'oppressione, è costituito da minoranze rivoluzionarie le quali, tuttavia, non possono imporre un nuovo ordine se non trasformandosi in maggioranze politiche popolari. Questo mutamento può avvenire solamente se gli elementi trascinanti della rivoluzione riescono ad infondere nel popolo
63) L. ÀNGELONI, Dell'Italia cit., voi. I, pp. 226 sgg., voi. IL, pp. 49 sgg.; cfr. anche Sopra l'ordinamento cit., pp. 22 sgg., e infine, Alla gioventù d'Italia cit., pp. 412 sgg., 435 sgg.
**> L. ANCELONI, Dell'Italia cit., voi. II, pp. 53 sgg
65) Giova d'altronde osservare che l'opposizione tra economia agricola, o dei liberi costumi, ed economia di tipo capitalistico, o della corruzione dei costumi, non sussiste in modo cosi virulento quando l'Angeloni considera l'Inghilterra, paese in cui le libertà civili sono messe in relazione all'economia commerciale. La Gran Bretagna stessa, però, di fronte alla libera società agricola americana, non rappresenta più un modello, ma un mondo politico da quella decisamente superato (Della Forza cit., voi. II, pp. 60 sgg.; l'argomento è già in Dall'Italia cit., voi. II, pp. 3 sgg.). Il Buonarroti non condivideva l'entusiasmo dell'Angeloni per Io Stato federale americano: lo considerano una oligarchia di mercanti ed antidemocratico. Per questa posizione del Buonarroti cfr.: A. GALANTE-GARRONE, Buonarroti e i rivoluzionari dell'800 cit., pp. 28 sgg.