Rassegna storica del Risorgimento

ROSA GABRIELE
anno <1977>   pagina <37>
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Le autonomie locali e Gabriele Rosa
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il parlamentarismo, che ne è la causa e insieme l'effetto. Che, finalmente, l'isti­tuto da cui deve muovere la rifondazione del sistema politico sia il Comune lo attesta la stessa elencazione dei titoli dei saggi di una certa mole che il Rosa pubblicò nel periodo in esame: / Comuni è del 1869; Federazioni Comunali del 1879; L'amministrazione della Provincia di Brescia del 1883; Lo Stato e il Co­mune del 1886; La legge comunale e provinciale per l'Italia del 1887. Anche il Masini, d'altronde, ha osservato che uno dei due cardini sui quali poggia la sua concezione è il principio coniunalista, la monade del Comune (l'altro è il prin­cipio cosmopolitico, la federazione dei popoli).,8)
Ma qual'è il Comune cui Gabriele Rosa si riferisce? Se lo storico del pen­siero politico o lo storico politico tout court si ferma talora alla constatazione che l'autore studiato parla del Comune, non spinge oltre la sua curiosità, non ritiene necessario distinguere e classificare, lo storico dell'amministrazione non può ignorare che sotto la stessa definizione si celano a volte istituzioni profon­damente diverse. In effetti, è proprio a questo proposito che la distanza fra il Mazzini e il Cattaneo appare cospicua, sicché il Rosa, ne sia del tutto consape­vole o meno, deve fare e fa la sua scelta.
Il pensiero di Giuseppe Mazzini sul Comune va individuato soprattutto nel citato testo del 1861, non perché in argomento ne manchino altri, che anzi ci sarebbe piuttosto l'imbarazzo della scelta, ma perché da un punto di vista cro­nologico esso si colloca in un momento nel quale l'unità politica è ormai acqui­sita, onde il problema dell'ordinamento amministrativo si pone solo come tale, in un quadro istituzionale ben definito, e perché, come già si è notato, è in quell'ambito che il problema viene affrontato in sede di Governo e Parlamento (progetti Min ghetti) e al tempo stesso risolto (col ritiro dei medesimi), sia pure in maniera non ancora definitiva (sarà questo il compito della legge del 1865).
Ora, l'idea di Comune che il Mazzini propone è molto precisa. Premesso che l'intero ordinamento deve articolarsi sn tre unità politico-amministrative (la nazione, la regione, il comune), quest'ultimo si definisce con la osservazione che l'Italia sarebbe capace di dodici regioni circa, suddivise in distretti, e ogni re­gione conterebbe cento comuni a un dipresso, ciascuno dei quali non avrebbe meno di ventimila abitanti . Naturalmente le autorità comunali, come quelle regionali, sarebbero elettive, ma, mentre un commissario del governo risiede­rebbe nel capoluogo di Regione, i Comuni non ne avrebbero bisogno e i loro magistrati supremi rappresenterebbero a un tempo la missione nazionale e quella locale ( soltanto il Governo manderebbe di tempo in tempo, a guisa di missi dominici, ispettori straordinari ).
mente socialisti e democratici poco famigliari della storia, inventarono il voto universale di­letto come rimedio, panacea ai mali politici, e mezzo rapidissimo di unificare e di suscitare e accumulare forze. 11 voto universale diretto pareggia il valore del gregario a quello del gene­rale, sopprime tutte le gradazioni morali, ed usato schiettamente, darebbe sempre il governo agli istinti, alle superstizioni, alle passioni della plebe, la quale numericamente prevale al­l'intelligenza, alla classe. Un dittatore armato che ricorre al voto universale promettendo infrenare i possidenti, gli addotrinaii. i miscredenti, otterrà sempre grande maggioranza di voto. Ma fondato suo potere con quel mezzo, avverserà ostinatamente l'applicazione di tale principio all'amministrazione dello Stato, alla elezione libera degli amministratori dei Co­muni, delle Provincie, del gruppi di Provincie, alle elezioni de' Vescovi e de' Pnrrochi, de Giudici, ... (G. ROSA, Unità cit., p. 8).
ii> p, C. MASINI, op. cit.. pp. 504-505, che mette in luce l'influenza esercitata su G- Rosa da Proudhon, Stuart Mill e Tocqueville.