Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
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1977
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77
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Libri e periodici
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Si tratta di note tratte appunto dall'archivio e raccolte, a suo tempo e quasi tutte, dal N.H. conte Giambattista Manzoni, sindaco di Lugo negli anni 1891-1898.
Figurano nell'elenco gli esploratori caduti non tutti di ferite ma di malattie e di stenti come Anacleto Gagliardi, morto nel deserto di Filva; l'ing. Luigi Cicognani vittima di malattia africana, Fing. Luigi Capucci condannato ad inumano supplizio dal Negus, Domenico Savioli uno della colonna De Cristoforis, mutilato del braccio destro, e ritenuto morto a Dogali, ma salvatosi con la fuga, ed altri volontari di guerra o no e combattenti ad Adua, come il capitano Raffaele Chiarini che a 70 anni, ancora volontario, prende parte alla guerra d'Africa, al seguito del Maresciallo Badoglio.
Documenti di non molte ma vivissime parole; e breve l'elenco dei nomi, ma che risvegliano in chi non abbia cerchiato il capo di fredda tenebra (quella imperante nel nostro paese) motivi non solo di dubbio, ma anche per onesta revisione di talune sentenze riguardanti la schiavismo, il colonialismo, l'imperialismo e cosi via.
PIERO ZAMA
MAURIZIO DEGL'INNOCENTI, Il socialismo italiano e la guerra di Libia; Roma, Editori Riuniti, 1976, in 16, pp. 344. L. 4.200.
Negli anni fra il 1911 e il 1913, fra la guerra italo-turca per la conquista della Libia e il suffragio universale, matura la crisi dell'età gioiittiana, accelerata poi, e resa irreversibile dallo scoppio della grande guerra. Questa ricerca di Maurizio Degl'Innocenti, volta a ricostruire il dibattito interno al partito socialista e il ribaltamento dei rapporti di forza fra riformisti e intransigenti in concomitanza dell'impresa coloniale, colma una grave lacuna nella conoscenza della vita interna del P.S.I. che era stato per anni uno dei cardini degli equilibri politici gioii fctiani. La svolta di Reggio Emilia, nel 1912, con la scissione dei riformisti capeggiati da Bissolati e da Bonomi e la formazione del Partito Socialista Riformista, esercito di generali senza soldati una svolta che la guerra di Libia fa precipitare, ma che maturava da tempo, come sottolinea Maurizio Degl'Innocenti rende Giolitti sempre più condizionato dalle forze cattoliche, dissolve ogni spazio di mediazione fra queste e il movimento operaio.
Anni di crisi, dunque, nei quali il partito socialista si presenta come una realtà composita e frazionata. IL riformismo stesso, prima della scissione, nel 1911, è diviso nelle due ali bissolatiane e turatiane, a sua volta percorse e frantumate dalle correnti del riformismo meridionale che nella guerra libica vedevano realizzarsi il sogno della terra promessa per le masse bracciantili del meridione, la soluzione dei problemi del Sud. E la crisi del riformismo aveva effetti che andavano ben al di là della vita interna del P.S.I., perché spezzavano il collegamento fra movimento operaio e forze della sinistra democratica, repubblicani e radicali, cardine di tutta la politica bloccarda. Turati cercò, come indica l'autore, di mantenere le redini del partito assumendo posizioni di maggiore intransigenza, per potere ritornare, in tempi migliori, a una politica gradualistica non pregiudizialmente ostile alle istituzioni libera I-democratiche, ma non vi riusci. E il suo fallimento ebbe, a mio avviso, conseguenze nefaste per il paese.
Dissentiamo, su questo punto, dal giudizio riduttivo che Degl'Innocenti esprime sulla validità della politica riformista alla fine del primo decennio del secolo. E il nostro dissenso si approfondisce e si allarga laddove l'autore ravvisa nella impresa libica la manifestazione di una politica volta a ce promuovere una tendenziale unificazione della borghesia, con la cooptazione dei ceti intermedi e l'inserimento subalterno di strati operai settentrionali e contadini meridionali, attraverso una intensificazione dei profitti capitalistici e la garanzia di una politica di ordine all'interno [...] (p. 74). È una affermazione non adeguatamente documentata che sembra riflettere un accentuato schematismo ideologico e che vorrebbe trovare una convalida nella interpretazione della guerra libica come prodotto oc di uno sviluppo accelerato dell'imperialismo, inteso come stadio monopolistico del capitalismo (p. 15).