Rassegna storica del Risorgimento
CRISPI FRANCESCO CARTE; MANCINI PASQUALE STANSLAO CARTE; MUSEO
anno
<
1977
>
pagina
<
78
>
78
Libri e periodici
Dato questo presupposto, che per altro mi pare non dimostrato, anche perché l'Italia prebellica era pur sempre un paese ad economia prevalentemente agricola (cfr. a questo proposito il recentissimo Gioitoti e Turati di Brunello Vigezzì) e che finisce per sottovalutare le motivazioni strettamente politiche e diplomatiche dell'impresa, a mio avviso prevalenti (cfr. lo studio fondamentale di F. Malgeri), è facile comprendere le motivazioni delle critiche rivolte da Degl'Innocenti ai riformisti. Ad essi sarebbe sfuggita l'esatta comprensione della nuova situazione politico-economica del paese, mentre un sostanziale apprezzamento viene formulato verso le posizioni degli intransigenti, per altro anch'esse non convalidate, secondo l'A., da un'adeguata analisi degli eventi. Una eccezione viene fatta a favore dei sindacalisti rivoluzionari che riescono a comprendere la carica di rottura che la guerra rappresentava rispetto agli schemi politici tradizionali (p. 101), e quindi l'aprirsi di prospettive politiche rivoluzionarie.
La ricerca di Degl'Innocenti sul dibattito interno al P.S.I. e sulla stampa socialista di quegli anni è, poi, corredata da uno studio originale sulla composizione della classe operaia nell'età gioiiiliana che rappresenta il primo tentativo di comprensione delle vicende del partito socialista tramite l'analisi dei fenomeni di industrializzazione e di urbanizzazione che modificavano la sua base sociale.
SANDRO ROCABX
ANGELO DEL BOCA, Gli italiani in Africa Orientale - Dall'Unità alla marcia su Roma: Bari, Laterza, 1976, in 8, pp. V-909. L. 18.000.
Questo volume si pone sulla scia di un rinnovato interesse della storiografia per l'imperialismo coloniale italiano. L'autore non è nuovo a questo genere di studi, che ha già affrontato, ad esempio, ne La guerra d'Abissinia, 1935-1941 (Milano, Feltrinelli, 1965).
Il motivo dominante del suo nuovo lavoro è quello proprio ormai a molta storiografia contemporanea che si occupa dei problemi coloniali. L'autore spiega, infatti, nell'avvertenza iniziale, come la sua non sia propriamente una storia militare delle imprese coloniali italiane in Africa Orientale e neppure una storia politico-diplomatica delle stesse, ma ... piuttosto la storia del comportamento degli italiani in Africa Orientale... di un popolo povero spinto da minoranze irresponsabili e da un insano concetto del prestigio nazionale, ad aggredire e sottomettere popoli ancora più poveri... , storia che vuole dimostrare come ... lo Stato liberale... artefice dell'espansionismo italiano in Africa, ha trasmesso... alcune pericolose eredità al fascismo: una grande carica aggressiva... la pratica del genocidio, il disprezzo per i popoli di colore ... .
In sostanza, questo giudizio, che riflette da vicino le ideologie attualmente dominanti la scena culturale per quel che riguarda l'imperialismo Crispino, le aspirazioni nazionalistiche dell'età gioii ttiana, certi malumori post-bellici su la vittoria mutilata e la genesi del fascismo, ricade però nell'errore di parte della odierna storiografia.
Questa considera il fenomeno del colonialismo alla luce di un giulizio moralistico a posteriori , formulato, dopo la fine degli imperi d'oltremare, da una società europea portata a valutare avvenimenti, che, onestamente, possono essere spiegati e studiati solo nell'ambito politico, etico e storico del tempo che è loro proprio.
L'errore di fondo di questa storiografia sembra risiedere proprio nell'isolare certi comportamenti del colonizzatore italiano, senza inserirli compiutamente nel clima ideologico e politico-sociale dell'Italia di allora. Si tratta di un Italia che non aveva risolto il problema del Mezzogiorno, la cui pressione demografica andava ad ingrossare le file dell'emigrazione, né aveva ancora migliorato le precarie condizioni dei lavoratori, spesso non troppo distanti da quelle dei negri delle colonie.
Del Boca rifiuta quello che definisce il mito di un colonialismo italiano dell'epoca liberale più umano e illuminato, ma sembra non comprendere, cosa invece essenziale, le reali necessità ed esigenze di una politica e, soprattutto, di una amministrazione coloniale che non va giustificata o condannata, ma obiettivamente considerata e, semmai, rivista in quelli che possono essere i suoi aspetti più interessanti, dagli esperimenti e adattamenti nel campo del diritto (pensiamo ai codici eritrei, al regime di doppia giustizia della Somalia), ai tenta-