Rassegna storica del Risorgimento
CUSTODI PIETRO; VERRI PIETRO OPERE
anno
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1977
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pagina
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396
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396
Giuseppina Rastelli
Per meglio rendersi conto della ragione di questo suo atteggiamento rinunciatario, dettato oltre che dalla sfiducia, anche dalla prudenza, credo opportuno trascrivere, con le sue stesse parole, la rievocazione da lui fatta in un manoscritto del 1841, degli avvenimenti di quindici anni prima:
Ma sia detto per il vero, le Segreterie dell'Ut. Governo sono così destre, almeno in riguardo a me, nell'arte di opportune declinatone, condite all'uopo della perspicua chiarezza degli oracoli sibillini, che quasi non mi sorprese del vedermi dato il seguente rescritto: ' Milano il 3 novembre 1826 Visto l'art. 25 del Regolamento generale di Censura, non si fa luogo per parte del Governo ad alcun provvedimento sulla domanda '. Ma cosa dice l'art. 25 di quel Regolamento, che è tenuto con non minor segreto e gelosia che le mitiche leggi del Re Numa? Mi glorio di esser stato abbastanza fortunato da poterne aver copia, la quale si legge così: ' 25 Gli autori, i manoscritti de' quali non vennero ammessi alla stampa dal Supremo Dicastero di Censura, possono quandunque si credano trattati con troppo rigore, rivolgersi coi loro motivi giustificativi al Supremo Aulico Dicastero Politico, il quale sottopone poi l'affare a Sua Maestà col proprio parere '. Ma cos'hanno a fare i manoscritti non ammessi alla stampa dal Supremo Dicastero di Censura, colla semplice mia preghiera, che mi fossero resi noti i motivi di quel solennissimo schiaffo che mi era stato dato da una mano rispettabilissima, al fine di poterne in qualche modo dedurne le mie giustificazioni? Non mi sarebbe forse stato impossibile di veder chiaro in quel prona jo, per poco che mi vi fossi applicato; ma la dura cervice, che nulla sulle prime vi comprese, confortata dalla pigrizia, prevalse nel persuadermi ch'era inutile ogni mio tentativo per penetrare un così alto mistero, onde ne rimasi queto e paziente nella beatitudine della mia ignoranza. 53>
E così, per parecchi anni, non si parlò più di quella Storia di Milano, finché nel 1834, l'editore Lampato, volendo ristamparla, si rivolse per interposta persona a Custodi, informandolo che, in ogni caso, si sarebbero fatti degli ulteriori tagli alla sua opera, qualunque fosse il suo parere. Custodi negò recisamente il suo assenso, inviando al Lampato stesso una lettera, in cui la risoluzione di non dare più alle stampe nessuna opera era presentata come Punico modo, che rimaneva in quei tempi ad un autore, di sottrarsi ai soprusi dell'apparato di censura: piuttosto che piegarsi ai suoi arbitri, era preferibile il silenzio, e proprio a far tacere ogni voce dissenziente era tesa appunto l'azione censoria. Ecco la lettera, datata Galbiate 2 giugno 1834:
. Mio cugino mi ha mandato il vostro viglietto, col quale lo richiedete di interpellarmi sul mio assenso alla ristampa della Storia di Milano del conte Verri col malaugurato mio lavoro del quarto volume, ma sotto la condizione di alcune nuove mutilazioni per parte deH'I.R. Censura. Assai insinuante è il motivo, che voglia o non voglia quelle mutilazioni saranno fatte: espressione che palesa quella dolce abitudine della passiva obbedienza, la quale rende si felice la vita. Né sono io per contrastare l'ampiezza de' diritti di quel rispettabile Dicastero: è bensì lecito a me, in oggetto volontario, di non presentare le cose mie alle sue forbici formidabili. E cosi da gran tempo ho risoluto di fare, onde alla R. Censura non sarà più da me dato alcun incomodo, perfino ch'io viva. La quale ponderata risoluzione fu da me presa per più motivi, non meno giusti che gravi; e tra essi accennerò il solo a voi ben noto, e che non potrà esser mai da me dimenticato, quello che dopo di avermi
55) Memoria cit,
54) Cfr. leu. di Lampato a Miramonti, cugino di Custodi, del 24-5-1834, in B.N.P., Ma. It. 1578, fol. 210.