Rassegna storica del Risorgimento
PARLAMENTO ITALIANO OSTRUZIONISMO 1897-1900
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Anna Maria Isastia
raccolse molti consensi, in base alla quale si sarebbe dovuto creare un comitato permanente che garantisse per ogni seduta la presenza del numero legale.
Il 6* giugno la discussione si aprì con un nuovo tentativo dilatorio. Chi-naglia lesse l'articolo 1 delle norme in esame29* e diede poi la parola ad Alfonso Marescalchi che chiese al governo se, come era stato annunziato, intendeva proporre degli emendamenti a questo articolo. In tal caso la discussione sarebbe slittata di almeno un giorno perché l'art. 85 del regolamento prescriveva che gli emendamenti dovevano essere presentati per iscritto al presidente della Camera almeno 24 ore prima della discussione. Chinaglia replicò che il governo non aveva presentato nulla e che Marescalchi poteva quindi parlare. Al primo oratore subentrò De Felice Giuffrida che, partendo dalla discussione sull'art. 1 spaziò nel suo discorso discettando sulla libertà e su come questo sentimento era inteso in Francia, in America, in Inghilterra, in Germania; fu più volte interrotto dal presidente Chinaglia e da altri deputati, cosa questa che provocò uno scambio di battute accettato con molto piacere dall'oratore in quanto lo aiutava a tirar sera. Chinaglia lo richiamò anche formalmente perché si attenesse all'argomento e lo interruppe di nuovo quando De Felice Giuffrida prese a leggere un passo da un libro. Chinaglia minacciò di togliere la parola all'oratore socialista basandosi sull'art. 77 del regolamento che prevedeva tale possibilità quando il presidente avesse invitato due volte un deputato a stare in tema. Andrea Costa, intervenendo, replicò che in tal caso avrebbe chiesta la verifica del numero legale e De Felice Giuffrida riprese il discorso affermando che il governo che aveva presentato il disegno di legge e la Commissione che lo aveva peggiorato, dimostravano di temere il diritto di riunione cioè la discussione, cioè la verità. L'ordine non si otteneva con le leggi repressive, ma con la libertà di riunione e di associazione. Per avvalorare poi la sua tesi, secondo la quale era l'intervento della polizia che provocava i disordini, ricordò alcuni episodi avvenuti a Roma e a Catania dove, in assenza della polizia, si erano svolte manifestazioni di piazza nel massimo ordine, mentre, al con-
28) Dal Corriere della Sera del 16 giugno.
Art. 1 Alla legge di pubblica sicurezza 23 dicembre 1888, n. 5888 (testo unico approvato col R. Decreto 30 giugno 1889, n. 6144, Serie III), sono apportate le seguenti modificazioni ed aggiunte: Art. I-bis. L'autorità di pubblica sicurezza può vietare per ragioni d'ordine pubblico le riunioni o assembramenti pubblici all'aperto, ed i contravventori al divieto saranno puniti a termini dell'articolo 434 del Codice penale. (Questo era il disegno di legge della Commissione).
Il primo disegno di legge presentato da Pelloux portava invece scritto: L'autorità di pubblica sicurezza può vietare, per ragioni d'ordine o di sanità pubblica, le riunioni o assembramenti pubblici all'aperto ed i contravventori al divieto saranno puniti a termini del Codice penale.
Esisteva anche un emendamento comunicato alla Commissione dal ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti Finocchiaro Aprile anteriormente alle dimissioni del primo gabinetto Pelloux secondo cui: L'autorità di pubblica sicurezza può vietare per ragioni di ordine pubblico le riunioni o assembramenti all'aperto ed i contravventori al divieto saranno puniti a termini dell'articolo 434 del Codice penale.
L'art. 1 della legge di PJS. in vigore recitava: I promotori di una riunione pubblica devono darne avviso, almeno ventiquattro ore prima, all'autorità locale di pubblica sicurezza. Il contravventore è punito con l'ammenda di lire cento. Il governo, in caso di con* travvenzione, può impedire che la riunione abbia effetto. Queste disposizioni non si applicano alle riunioni elettorali.