Rassegna storica del Risorgimento
PARLAMENTO ITALIANO OSTRUZIONISMO 1897-1900
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1977
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Ostruzionismo parlamentare
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trario, l'intervento delle forze dell'ordine aveva provocato disordini e tumulti. Ad un certo punto del suo discorso fiume, De Felice Giuffrida chiese di riposare, poi riprese sottolineando le condizioni economiche disastrose del paese che avrebbero portato alla rivoluzione se fosse venuta meno la libertà. Bisognava pensare a provvedimenti economici e non a leggi restrittive. Venendo poi ad esaminare l'art. 1 fece notare come esso, in ogni caso, non dovesse essere applicato alle riunioni elettorali; oppure quando un deputato, un consigliere provinciale o comunale volesse rendere conto ai propri elettori del mandato ricevuto o ancora in caso di commemorazioni pubbliche. Subito dopo De Felice Giuffrida, prese la parola il socialista Nicola Badaloni, l'organizzatore delle leghe del Polesine, chiedendo la soppressione dell'art. 1 in quanto nessun emendamento avrebbe mai potuto renderne accettabile il contenuto. Se rispetto alla legge di pubblica sicurezza, questo comma rappresenta una aggiunta , sosteneva Badaloni rispetto alla vita pubblica, non è che l'epilogo di tutto un sistema di governo, non è che la traduzione in un articolo di legge degli arbitri, che l'acquiescenza della Camera ed il nostro costume politico sono venuti man mano legittimando . P La responsabilità di aver determinato questa situazione non era, però, solo della destra, ma anche della sinistra liberale che, sosteneva Foratore, non aveva mai associato le sue proteste a quelle del-l'Estrema quando erano state proibite le riunioni e i congressi socialisti e che aveva approvato i provvedimenti eccezionali e transitori. Alla fine della tornata, durante la discussione sull'ordine del giorno, Pantano prese la parola per chiedere che venisse modificato l'ordine dei lavori parlamentari. L'Estrema era ben decisa a combattere ad oltranza contro i provvedimenti liberticidi, ma non intendeva ostacolare lo svolgimento normale del lavoro parlamentare. Era stato stabilito di discutere i bilanci nelle sedute del mattino che erano assai poco frequentate e non erano quotidiane. Essendo molto più urgente la discussione dei bilanci che non quella sui provvedimenti politici perché non anticipare questi al mattino alternati ad altre leggi di importanza nazionale e spostare quelli al pomeriggio? La proposta, che la Camera non approvò, avrebbe dovuto ottenere due scopi: rendere ancora più lenta la discussione e sminuire l'importanza di quei provvedimenti cui il governo attribuiva invece tanto peso da sacrificare loro ogni altro atto della Camera.
Il 7 giugno, in apertura della seduta, Andrea Costa domandò la votazione nominale indistintamente per tutte le domande di congedo. La proposta parve inammissibile al presidente che preferì rimandare la questione. Dopo le interrogazioni, prese la parola Enrico Ferri, che pronunciò uno dei suoi più lunghi e famosi discorsi parlando per quasi cinque ore consecutive, con minute disquisizioni giuridiche sulle distinzioni tra il diritto di riunione e quello di associazione, sulla differenza tra luogo pubblico e luogo aperto al pubblico, tra riunione pubblica e privata. Proseguì offrendo una vibrata difesa del sistema ostruzionistico e ricordando all'uditorio come Marco Porcio Catone, al quale egli sosteneva che la sinistra si ispirava nella sua azione, nel 60 a. C, per evitare la violazione della legge, avesse parlato un giorno intero contro Cesare. Tracciò poi la storia del diritto di riunione e di associazione nei secoli, dall'antica Grecia al medio evo, ai paesi moderni, analizzando le diverse leggi singolarmente. Il suo lunghissimo discorso, interrotto da due brevi pause, si concluse
* A.C., Dss., XX, seduta del 6 giugno 1899, p. 3993.