Rassegna storica del Risorgimento

PARLAMENTO ITALIANO OSTRUZIONISMO 1897-1900
anno <1977>   pagina <429>
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Ostruzionismo parlamentare
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trario, l'intervento delle forze dell'ordine aveva provocato disordini e tumulti. Ad un certo punto del suo discorso fiume, De Felice Giuffrida chiese di ripo­sare, poi riprese sottolineando le condizioni economiche disastrose del paese che avrebbero portato alla rivoluzione se fosse venuta meno la libertà. Biso­gnava pensare a provvedimenti economici e non a leggi restrittive. Venendo poi ad esaminare l'art. 1 fece notare come esso, in ogni caso, non dovesse essere applicato alle riunioni elettorali; oppure quando un deputato, un consi­gliere provinciale o comunale volesse rendere conto ai propri elettori del man­dato ricevuto o ancora in caso di commemorazioni pubbliche. Subito dopo De Felice Giuffrida, prese la parola il socialista Nicola Badaloni, l'organizzatore delle leghe del Polesine, chiedendo la soppressione dell'art. 1 in quanto nessun emendamento avrebbe mai potuto renderne accettabile il contenuto. Se ri­spetto alla legge di pubblica sicurezza, questo comma rappresenta una ag­giunta , sosteneva Badaloni rispetto alla vita pubblica, non è che l'epilogo di tutto un sistema di governo, non è che la traduzione in un articolo di legge degli arbitri, che l'acquiescenza della Camera ed il nostro costume politico sono venuti man mano legittimando . P La responsabilità di aver determinato questa situazione non era, però, solo della destra, ma anche della sinistra liberale che, sosteneva Foratore, non aveva mai associato le sue proteste a quelle del-l'Estrema quando erano state proibite le riunioni e i congressi socialisti e che aveva approvato i provvedimenti eccezionali e transitori. Alla fine della tor­nata, durante la discussione sull'ordine del giorno, Pantano prese la parola per chiedere che venisse modificato l'ordine dei lavori parlamentari. L'Estrema era ben decisa a combattere ad oltranza contro i provvedimenti liberticidi, ma non intendeva ostacolare lo svolgimento normale del lavoro parlamentare. Era stato stabilito di discutere i bilanci nelle sedute del mattino che erano assai poco frequentate e non erano quotidiane. Essendo molto più urgente la discus­sione dei bilanci che non quella sui provvedimenti politici perché non anti­cipare questi al mattino alternati ad altre leggi di importanza nazionale e spostare quelli al pomeriggio? La proposta, che la Camera non approvò, avrebbe dovuto ottenere due scopi: rendere ancora più lenta la discussione e sminuire l'importanza di quei provvedimenti cui il governo attribuiva invece tanto peso da sacrificare loro ogni altro atto della Camera.
Il 7 giugno, in apertura della seduta, Andrea Costa domandò la votazione nominale indistintamente per tutte le domande di congedo. La proposta parve inammissibile al presidente che preferì rimandare la questione. Dopo le inter­rogazioni, prese la parola Enrico Ferri, che pronunciò uno dei suoi più lunghi e famosi discorsi parlando per quasi cinque ore consecutive, con minute disqui­sizioni giuridiche sulle distinzioni tra il diritto di riunione e quello di associa­zione, sulla differenza tra luogo pubblico e luogo aperto al pubblico, tra riu­nione pubblica e privata. Proseguì offrendo una vibrata difesa del sistema ostru­zionistico e ricordando all'uditorio come Marco Porcio Catone, al quale egli sosteneva che la sinistra si ispirava nella sua azione, nel 60 a. C, per evitare la violazione della legge, avesse parlato un giorno intero contro Cesare. Tracciò poi la storia del diritto di riunione e di associazione nei secoli, dall'antica Grecia al medio evo, ai paesi moderni, analizzando le diverse leggi singolar­mente. Il suo lunghissimo discorso, interrotto da due brevi pause, si concluse
* A.C., Dss., XX, seduta del 6 giugno 1899, p. 3993.