Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA MONDIALE 1914-1918; ITALIA POLITICA 1915-1916; NAZIONALI
anno <1977>   pagina <453>
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I nazionalisti maggio '15~giugno '16 453
atteggiamenti ai fini di quell'unione degli spiriti tanto necessaria al mo­mento, I9) i nazionalisti replicavano che non ci poteva essere concordia nazio­nale fra patrioti e traditori.
Questo clima di intimidazioni e di sospetti che creavano nei loro fogli, i nazionalisti cercavano pure di farlo accogliere da qualche uomo di governo, fra quelli che erano stati decisi interventisti. Frequenti erano, ad esempio, i colloqui sull'argomento con Martini da parte di Enrico Corradini, che era in ottimi e continui rapporti con il ministro delle colonie.20)
La convinzione, che si stava ormai diffondendo in tutti gli ambienti poli­tici, della novità e della grandiosità della guerra in corso,21) che avrebbe ri­chiesto grandi sforzi ed enormi sacrifici, nonché i risultati del Prestito Nazionale e le prime difficoltà alimentari proponevano, ora, ai nazionalisti, alla fine del luglio 1915, le prime riflessioni sulle linee di una politica economica di guerra. Per loro il prestito, intaccando relativamente i depositi bancari, aveva dimo­strato che il paese possedeva ancora notevoli ricchezze. Bisognava, però, dice­vano, non profondere tutte le risorse nel conflitto e pensare invece anche al dopoguerra. Ponevano così il problema della necessità dei prestiti con i paesi alleati giustificandoli come un fatto di convenienza economica e di equità: era giusto che gli alleati più ricchi e meno colpiti dalla guerra aiutassero l'Italia, il cui intervento nel conflitto era uno dei fattori determinanti della futura vittoria.
Per assicurare i rifornimenti alimentari proponevano la creazione di un organo statale, gestito con criteri commerciali, non burocratici, formato da ban­chieri, commercianti e funzionari, con il compito di provvedere all'acquisto del grano nazionale ed estero ed alla distribuzione. Venivano così meno alle loro convinzioni ostilissime a qualsiasi inframettenza dello Stato nella libera atti­vità economica dei privati e consone alla coscienza individualistica e liber­taria del popolo italiano , ma il fine della guerra, affermavano, giustificava interventi statali nei campi riservati alla libera concorrenza, consentiva restri­zioni di libertà , autorizzava misure autoritarie .22)
Così le necessità della guerra facevano fare ai nazionalisti altri passi sulla strada della teorizzazione di un'economia nazionale diretta dallo Stato. Già al
*9) Cosi La Tribuna del 5 luglio 1915. Questo era pure lo stato d'animo di Gioii ili che, lamentando episodi del genere e più gravi, in un colloquio del 30 settembre 1915 con Malagodi diceva: perché moltiplicare gli scontenti con la persecuzione politica e le pole­miche, quando si dovrebbe anzi cercare di guadagnare il maggior numero di adesioni? Certi metodi si possono spiegare in momenti eccezionali, come a maggio, per guadagnare la partita ad ogni costo; ma perché perseverarci quando il momento è passato? (0. MA­LAGODI, OP. cztM 1> PP- 70-71).
2) Martini annota nel Diario numerosi colloqui con il leader nazionalista nel 1915. Dice pure di volersi interessare per fargli affidare la direzione di un giornale destinato ai soldati; Corradini, da parte sua, gli dedicava un libro. Per quel clima di sospetti, vedi an­che quanto dice Martini a proposito di quello che gli aveva riferito Corradini sul direttore della Stampa Frassati, che sarebbe stato assai compromesso nei maneggi del maggio scorso (op. cil., pp. 478, 494, 505, 520, 585, 586).
2tì Sonnino, ad esempio, diceva in data 26 luglio 1915: ormai è evidente che que­sta guerra è affatto diversa da quelle del passato, e si ridurrà ad una lotta di posizioni e dì logoramento (cosi O. MALAGODI, op, cit., I, p> 67).
22) L'Idea nazionale, 23 luglio 1915, art, Il prestito e due cifre ; 26 luglio 1915, art. <c Necessità di sicure direttive ; 29 luglio 1915, art. La nazione e i capitali .