Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA MONDIALE 1914-1918; ITALIA POLITICA 1915-1916; NAZIONALI
anno <1977>   pagina <454>
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Raffaele Molinelli
congresso di Milano del 1914, infatti, avevano approvato le linee di una politica protezionistica e si erano augurati la costituzione e il riconoscimento giuridico di sindacati misti, di imprenditori e lavoratori, con il nome di corporazioni o sindacati nazionali.23' Si trattava, sempre, però, sia chiaro, di un'economia diretta dallo Stato nel senso che questo doveva dare incentivi, proteggere e creare le condizioni adatte allo sviluppo dell'imprenditoria privata, ai fini del rafforzamento militare e delle capacità imperialistiche dello Stato stesso e non volta a frenare lo strapotere economico e sociale dei ceti imprenditoriali e possidenti, ma anzi a confermarlo ed accrescerlo. Era una logica pubblicistica e privatistica insieme. Pubblicistica perché diretta, in parte, dallo Stato, per certi suoi fini; privatistica perché garante e favoreggiatrice dell'iniziativa privata e dei suoi profìtti. Era la logica economica di uno Stato borghese della prima metà del secolo XX, semindustrializzato e con velleità imperialistiche. Il di­scorso, ora, veniva fatto perché dettato dalle immediate necessità della guerra, ma sarebbe potuto anche valere per il tempo di pace, per preparare la guerra o una politica di conquiste.
La concreta proposta sull'approvvigionamento dei grani andava, invece, a soddisfare giuste esigenze generali dettate dalle necessità del momento.
Per il successivo periodo, fino alla fine del 1915, l'attività politica dei nazionalisti si muove tendendo, da una parte, ad un'opera di rafforzamento del fronte interno e, dall'altra, a suggerire al paese ed anche agli alleati una linea d'azione nella questione dei Balcani e dell'Oriente mediterraneo. Verso la fine dell'anno, poi, cominciava a delinearsi nel movimento nazionalista un nuovo atteggiamento nei confronti del governo Salandra.
In tutte queste attività venivano a riemergere con notevole evidenza certi aspetti, propri della fisionomia del nazionalismo italiano, lasciati un po' in disparte dal movimento nella sua politica dei primi mesi di guerra. L'opera nazionalista di rafforzamento del fronte interno, come veniva chiamata, constava di un'azione denigratoria ed intimidatoria delle forze ritenute avverse alla guerra o al tipo di guerra che i nazionalisti volevano si conducesse, e di una campagna volta a spingere il governo a tenere una linea politica più dura nei confronti delle persone, dei beni e degli enti dei paesi nemici e di quelli loro alleati, esistenti ed operanti in Italia. Constava, pure, per converso, in un appog­gio incondizionato, apologetico e quasi agiografico, a tutti quei ceri, gruppi e poteri che si ritenevano favorevoli alla guerra e ad una certa condotta di essa.
Fra le forze da combattere era sempre, in prima linea, la Banca Commer­ciale, contro la quale la stampa nazionalista riprendeva la campagna che aveva iniziato nei primi mesi del 1915. * Per la penna di Enrico Corradini, ma firmati L'Idea nazionale , compariva sul quotidiano del movimento una serie di articoli nei quali veniva messa in corrispondenza cronologica l'età servile politica del giolittismo con quella del servaggio economico caratteriz­zata dal dominio della Banca Commerciale. E fra i compiti della guerra italiana, affermava il leader nazionalista, vi era pure quello di liberare il paese dall'uno e dall'altro giogo. Alla Banca veniva riconosciuto di essere stata uno strumento
''''' Vedi IL MOLINELLI, Per una storia del nazionalismo italiano cit., pp. 168-169. 2*) Vedi R. MOLINELLI, / nazionalisti italiani e l'intervento cit., pp. 107-108; 116. 25) Cosi vennero firmati per tutta la durata della guerra gli articoli di fondo del quo­tidiano nazionalista.