Rassegna storica del Risorgimento

GUERRA MONDIALE 1914-1918; ITALIA POLITICA 1915-1916; NAZIONALI
anno <1977>   pagina <457>
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I nazionalisti maggio 715-giugno '16 457
i beni austro-germanici in Italia, che spedisse nei campi di concentramento anche i sudditi tedeschi, e non solo quelli austrìaci, che considerasse come ostaggi i prigionieri di guerra a garanzia dell'incolumità dei cittadini italiani naviganti su navi mercantili.
Di pari passo con gli attacchi al parlamento andavano l'apologia e la glori­ficazione del potere esecutivo e soprattutto dell'esercito, così come ai vituperi! contro il socialismo neutralista si accompagnavano la dilesa e gli elogi della borghesia.
Ciò che, fra le altre cose, veniva rimproverato al socialismo era proprio di calunniare la borghesia come ceto improduttivo e parassitario ed, ora, special-mente, quella borghesia di lavoro e di produzione costituita da agricoltori, industriali, siderurgici, fornitori di munizioni e di cannoni, banchieri e com­mercianti, cioè le vere forze vive del paese . Queste forze si erano sviluppate e potevano servire adeguatamente la nazione in guerra proprio grazie alla tanto vituperata politica protezionista: ad una produzione prevalentemente cereali­cola non competitiva internazionalmente ma ora necessaria all'approvvigiona­mento del paese, ad un'industria salvaguardata dalla concorrenza straniera, alla creazione di forti gruppi bancari con capitali solo nazionali. La guerra, dicevano ancora i nazionalisti, aveva agito come una specie di catalizzatore dividendo nettamente la nazione in due campi, quello di queste forze produttive e quello dei demagoghi loro calunniatori, e costoro erano, ovviamente, i sabotatori della Nazione .
Il nazionalismo italiano mostrava così, anche in piena guerra, i suoi legami con certe precise forze imprenditoriali e le sue preferenze sociali che venivano ora più o meno coperte con una teoria che sostituiva alla figura del borghese tout-court quella del borghese produttore . Per ora, alla fine del 1915, il suo banditore Corredini, si accontentava di affermare che il nazionalismo avrebbe dato al produttore il giusto posto nella scala dei valori morali e sociali della nazione, ne avrebbe reso cosciente l'interessato, poi, lo Stato, che si sarebbe dovuto così sentire più borghese, ed, infine, il proletario, che avrebbe ricono­sciuto in quello il mezzo tecnico di organizzazione dell'esistenza nell'epoca moderna , vale a dire che senza il produttore non vi era possibilità di esistere nella e per la società contemporanea.
Mentre sul fronte austriaco venivano combattute le prime quattro durissime battaglie dell'Isonzo, i nazionalisti erano pure attenti ai problemi militari e politici della guerra nei Balcani, preoccupandosi di indicare iniziative idonee, a loro parere, al successo dell'Intesa, ribadendo gli interessi imperiali dell'Italia in quella zona e nel Medio Oriente.
L'occasione alla ripresa dei temi imperialistici era loro fornita dalla dichia­razione di guerra dell'Italia alla Turchia in data 21 agosto 1915. La guerra italiana, dicevano, osannando all'avvenimento, non era solo irredentista e nem­meno soltanto adriatica, ma soprattutto guerra asiatica ed orientale ; biso­gnava, perciò, reclamare una parte considerevole dell'eredità dell'impero turco in Asia Minore (non la sola Àdalia, ma tutta la costa da Smirne ad Alessan-oretta) per i bisogni della vita economica, per l'espansione della nostra razza
33) Videa naxiomde, 12 agosto 1915, art Ferrovieri, socialismo, demagogia ; 13 ago­sto 1915, art. a Energie produttive *
**) Ivi, 30 dicembre 1915, art La nuova fòrza dello Stato .