Rassegna storica del Risorgimento
ISTITUTO PER LA STORIA DEL RISORGIMENTO; MUSEO CENTRALE DEL RIS
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1977
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Libri e periodici
distruggere miti e a sfatare leggende, come a riabilitare le ce vittime della storiografia tradizionale. Da anni egli scava alacremente negli archivi (specie austriaci e italiani), ed ha potuto mettere così a disposizione degli studiosi documenti di prima mano, limitandosi per suo conto a brevi, precisi commenti, a suggerire ipotesi di lettura, ad indicare quanto occorre tener presente mentre si legga il documento. Rimangono esemplari della sua attività l'analisi de La pace di Milano del 1849 (1955), Pio IX e la politica austriaca in Italia dal 1814 al 1848 (1958) e la pubblicazione de / documenti militari austriaci relativi alla campagna del 1866 (1966), ma vale anche la pena ricordare la più recente revisione di Luoghi comuni nella storia del Risorgimento italiano (1972).
Dalla storia diplomatica, il Filipuzzi viene oggi ad un grande problema sociale quale è quello dell'emigrazione italiana, spinto sostanzialmente da due motivi. Egli è un friulano, ed il Friuli è la regione che ha dato proporzionalmente un numero di emigranti grandissimo; ed è un uomo di scuola, fervido sostenitore d'ogni iniziativa atta a mantenere viva la cultura e la lingua italiana nel mondo (come fa la Società nazionale ce Dante Alighieri , di cui egli è fra i massimi dirigenti). Ciò spiega non solo la scelta dell'argomento, che riprende e allarga il tema affrontato nel 1962 dal compianto Fernando Manzotti (La polemica sull'emigrazione nell'Italia unita), ma anche l'angolatura prevalentemente veneta dalla quale è considerato, con particolare preoccupazione sempre attuale per la salvaguardia delle tradizioni e dell'individualità nazionale portate con sé dagli emigrati italiani.
H criterio scelto, di pubblicare discorsi di politici, resoconti di giornalisti, documenti ufficiali (statistiche e testi di legge), brani di poesia e di narrativa, analisi di economisti e di geografi, senza un preciso ordine, costringe il lettore a qualche fatica, peraltro compensata dalla ricchezza di elementi del quadro d'insieme che si ricava, in cui le diverse parti in qualche modo riescono lontane, apparentemente contraddittorie, ma per più versi complementari.
Nel primo periodo postunitario, contrassegnato dai governi della Destra, si ebbero del fenomeno migratorio considerazioni perplesse e disorientate. Il Governo si limitò a dichiarare che ce ogni cittadino italiano è libero di sceglierai la dimora preferita e a mostrarsi sensibile alle preoccupazioni dei proprietari agricoli per la diminuzione della mano d'opera (non per caso il problema era di competenza del Ministero dell'Agricoltura, compreso il rilevamento statistico degli emigranti).
I governi della Sinistra, da Depretis a Crispi, consapevoli della situazione di miseria e di disoccupazione operaia, hanno a disposizione i dati dell'inchiesta agraria. Ma, nonostante il miraggio delle conquiste africane e le ambizioni di prestigo crispine, la legge del 1888 è abbastanza modesta e guarda alle condizioni e alle conseguenze che l'emigrazione ha all'interno del paese piuttosto che alla tutela degli emigranti nei paesi di destinazione.
Negli anni successivi l'emigrazione si fa sempre più massiccia, mentre si aggrava la questione sociale. Venga essa giudicata positivamente o come un male minore, si esten* dono le iniziative cattoliche e le proposte dei socialisti, ed il Governo prepara una nuova regolamentazione legislativa, che porta all'abolizione dei famigerati ce agenti d'emigrazione e alla protezione della mano d'opera infantile e femminile. Non mancano interventi diplomatici per accordi con i Governi dei paesi ospitanti, mentre resta assai carente il funzionamento dei Consolati.
Appena nel 1889 era nata con finalità culturali e scolastiche la oc Dante Alighieri , sostenuta soltanto dagli irredentisti e dai liberali-nazionalisti. Ancora nell'età giolittiana, nel fervore d'attività che porta all'istituzione del Commissariato per l'emigrazione e ad affrontare i problemi della cittadinanza e dei diritti civili degli emigrati, permangono diffidenze e meschine economie di bilancio. Cosi, quando l'emigrazione si arresta con lo scoppio del primo conflitto mondiale, si possono calcolare a una decina di milioni gli italiani all'estero, ma essi per buona parte han perduto il nome e la dignità d'italiani, hanno allentato i vincoli con la madrepatria, spesso hanno dimenticato la stessa lingua d'origine.
Dalle testimonianze raccolte, alcune rare e poco note, si può rilevare la larga eco suscitata dal fenomeno migratorio italiano, la solidarietà di scrittori (dal De Amicis al