Rassegna storica del Risorgimento

MENABREA DI VAL DORA LUIGI FEDERICO; VITTORIO EMANUELE II RE D'
anno <1978>   pagina <7>
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La malattia di Vittorio Emanuele nel 1869
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lette sono del Presidente del Consiglio): Badate, Signor Abate; ciò che avete ratto è un atto di violenza commesso contro un moribondo; quest'atto è tanto più colpevole che è commesso contro il Sovrano; sappiate vi sono delle leggi per punirlo; se voi insistete ancora siete preso in flagrante, e vi faccio arrestare dai Carabinieri per essere quindi tradotto davanti ai tribunali che vi giudiche­ranno con tutto il rigore delle leggi.1" La determinazione del Menabrea im­pressionò il Renai, il quale non era certo dotato di un coraggio leonino e, ve­stito dei panni di un don Abbondio essendo la casa piena di persone grandi per titoli e dignità che mi incalzavano... U) dice nella relazione impartì l'as­soluzione e, successivamente, uni in matrimonio Vittorio Emanuele con la con­tessa di Mirafiori.13)
Renai attese tre giorni prima di mettere a parte il suo superiore, il cardi­nale Corsi, di quanto era avvenuto la mattina del 7 novembre. 14> A quel punto a trovarsi nei guai era il cardinale, il quale aveva fra le mani una lettera del Segretario di Stato Antonelli, arrivatagli il giorno prima, che non solo confer­mava la necessità della ritrattazione, ma aggiungeva che nella medesima vi fosse in più anche l'autorizzazione a renderla di pubblico dominio.15) Il card. Corsi, che dobbiamo supporre alquanto restio a compiere azioni che tendessero a con­fondere il politico con il religioso e, comunque, preoccupato più di veder cele­brato il matrimonio che della ritrattazione, rimandò il Renai a San Rossore con il compito di ottenere almeno una dichiarazione verbale in presenza di testi­moni , cosa che il povero sacerdote, nonostante vari tentativi, non riuscì a conseguire.16)
Pietro Pirri pubblica la lettera del 17 novembre del card. Corsi al card. An­tonelli (con allegata la Relazione del Renai del 15),17* lettera in cui traspare l'evidente imbarazzo di dover comunicare a Roma che dal re d'Italia, ormai ristabilito, non si era potuto ottenere nulla che potesse essere usato per imba­stire una campagna propagandistica. Quella che Pirri non pubblica è la proba­bile replica di Antonelli, il cui tenore suscita tutta la nostra curiosità!
ROMANO UGOLINI
U) Cosi nella lettera a Depretis, In quella a Massari, Menabrea scrive: ce Voi dovete l'assoluzione senz'altro, e se insistete ancora perché il Re firmi quella carta, voi fate vio­lenza alla coscienza di un morente; vi sono leggi per punire tali violenze, sovra tutto quando, sono esercitate contro il sovrano e, come siete preso in flagrante, ho il diritto di farvi arre­stare, come lo farò, dai carabinieri che custodiscono questo loco . Nel suo lavoro Massari si limita a sunteggiare quanto Menabrea gli aveva scritto.
H) Relazione Renai cit., p. 213.
13) Pirri pubblica l'attestato di matrimonio, che avvenne appunto quello stesso 7 no­vembre (P. Punti, op. cit., p. 217). Cognasso e Baldi lo datano, invece, rispettivamente il 9 e F8 novembre (F. COGNASSO, op. cit.., p. 383 e G. M. BALDI, art. cit., p. 349). Da notare che Menabrea seppe solo in seguito del matrimonio religioso celebrato fra Vittorio Ema­nuele e la contessa di Mirafiorì, essendo stato, quel 7 novembre, tenuto all'oscuro di tutto. In quella parte della lettera di Menabrea a Massari, che non riportiamo in appendice in quanto già pubblicata da Briguglio e Bui fere iti in una nota delle Memorie, il generale savoiardo dice espressamente: Dopo il matrimonio religioso, compiutosi colla massima segretezza e a mia insaputa ... . Briguglio e Bulfcretti leggono il passo citato diversamente e cosi a mia insaputa diventa ormai risaputa (Memorie cit., p. 194, n. 87).
M) Relazione Renai cit., p. 211.
15) Si veda la lettera in P. Pumi, op. cit., p, 206.
16) Relazione Renai cit-, p. 215.
17) P. Pumi, op. cit., pp. 217-219.