Rassegna storica del Risorgimento
ITALIA POLITICA 1899-1901; SACCHI ETTORE
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1978
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Ettore Sacchi nel 1899-1901
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che la democrazia istruisca il popolo e lo convinca che dalla sua partecipazione alla vita dello Stato e dalla sua volontà dipendono legislazioni e amministrazioni, che esso può a tutto pervenire combattendo con quell'arma della civiltà che è la scheda elettorale.39)
Il ruolo che il Sacchi assegnava ai radicali (coadiuvati dai liberali costituzionali) nel momento in cui sentiva che una importante svolta stava per compiersi nella storia politica italiana era una funzione mediatrice per l'attuazione di graduali riforme che né i socialisti né i repubblicani potevano assolvere perché, negando gli uni la proprietà privata e gli altri le istituzioni, la situazione storica non era per essi ancora matura.
Si comprende ancora meglio l'atteggiamento del Sacchi se si riflette ch'egli era il rappresentante di un partito che aveva trovato la sua base economico-sociale (soprattutto dopo il sorgere e l'affermarsi del partito socialista) nel ceto della piccola e media borghesia, più numeroso nel Nord dove la vita economica era più intensa e più varia che non nel Mezzogiorno e costituito da gente pratica e laboriosa, con molti interessi comuni a quelli del proletariato, ma senza vaste palingenesi da compiere, e che quindi aveva assai più a cuore le riforme di carattere amministrativo e tributario, che non i problemi d'ordine politico e costituzionale.40)
A questo proposito ritengo che sia opportuno distinguere, entro il vasto fronte di opposizione antigovernativa, non soltanto la posizione dei radicali rispetto a quella degli affini più rivoluzionari ed a quella dell'ala divenuta ormai antipellousiana della Sinistra costituzionale, ma anche fra coloro che, per motivi ideologici, generazionali o di temperamento, privilegiavano le questioni di principio, politico-istituzionali, e quanti invece, nella Sinistra e nell'Estrema, davano ormai un valore prevalente alle concrete questioni amministrative ed economico-sociali con particolare attenzione per le classi più numerose. Un linguaggio per molti aspetti comune si può trovare infatti presso liberali alla Zanardelli, radicali alla Marcora e in tanti repubblicani, mentre un linguaggio diverso si può riconoscere in Giolitti, in Sacchi e nei dirigenti socialisti (che auspicano un governo Giolitti-Sacchi, e verso entrambi questi uomini politici o verso uno di essi preferibilmente si orientano, mentre si sentono più distanti dalla mentalità, che appare più antiquata e ottocentesca, di Zanardelli e Marcora).
Certo è che gli appelli rivolti dall'Estrema, e particolarmente da Sacchi, alla Sinistra costituzionale perché si rinnovi e muti rotta politica, abbandonando
3?) Il discorso, pronunciato nel Teatro Duse di Bologna, fu pubblicato integralmente in un supplemento straordinario del giornale II Torrazzo* Cremona, Tipografia Sociale, 28 ottobre 1899.
*) Sul problema istituzionale contemporaneamente cosi si esprimeva, col suo tono familiarmente discorsivo, un altro radicale: La monarchia non è un fine, ma un mezzo; la politica italiana non deve servire gli interessi della monarchia, ma è la monarchia che deve servire gli interessi del popolo italiano, non " bene inseparabili del re e della patria " (bisticcio che vuol salvare la capra assolutista e i cavoli liberali), ma bene supremo della patria, e monarchia come ìstrumento (J I repubblicani sostengono che ristrumento in Italia non potrà mai funzionare bene e che bisogna pensionarlo in qualche museo storico tra i ferrivecchi patriottici ormai fuori uso. Noi no. Noi vediamo molte difficoltà, molti guai, molti pericoli nel buttar via qucst'ìstriimenio col quale, bene o male, ci siamo fatti una patria, né abbiamo gran fede nella magica virtù del talismano repubblica (FRANCESCO PAPAIA VA, Dieci anni di vita italiana: 1899-1909, Bari, Laterza, 1913, voi. I, p. 37).