Rassegna storica del Risorgimento

FENICIA (FAMIGLIA) CARTE; RUVO DI PUGLIA STORIA 1627-1870
anno <1978>   pagina <69>
immagine non disponibile

Libri e periodici
69
caldina? Nessun senso, nessuna risonanza, certamente, per le masse più popolari; assai scarsi e probabilmente distorti nei ceti medi, i cappelli e i galantuomini . Né può d altronde pensarsi che il governo necessariamente dittatoriale di Garibaldi potesse avere conseguito qualche risultato se non superficiale a nemmeno tre mesi dallo sbarco di Mar­sala, e tutto impegnato com'era nell'azione militare e nella schermaglia politica a distanza. Cosi, potè accadere che in quelle plebi, mortificate da secoli, oppresse, angariate, mante­nute in ima indigenza prossima al limite della pura sopravvivenza fisica, potessero esplo­dere per una malintesa speranza andata delusa e probabilmente anche sotto la subdola istigazione di chi aveva interesse al disordine in una furia selvaggia e omicida di cui Bronte fu la manifestazione più cruenta, ma non l'unica.
E altrettanto evidente che Garibaldi doveva reprimere con rigore inflessibile, a rischio, altrimenti, di lasciar divampare rincendio per tutta la Sicilia e di veder quindi compro­messi, alla vigilia del passaggio sul continente, le possibilità e il fine ultimo dell'intera spedizione (anche per motivi di ordine internazionale, come si vedrà più avanti).
Ad ogni modo, a chi oggi scrive di oc un massacro di cui le storie non parlano , si può ben consigliare la rilettura di questa novella del Verga, assai illuminante anche se non costituisce un vero e proprio documento storico, e si deve anche ricordare che i massa­cri furono due, dei quali il secondo inevitabile conseguenza del primo, e questo imputa­bile principalmente all'ignoranza.
Questo preambolo ci è sembrato necessario, dovendo parlare del volume di Mino Mi­lani su Nino Bhdo, giacché quest'opera scende in campo decisamente a contrastare la cor­rente <c dissacrazione scritta e filmata del oc Secondo dei Mille , dimostrandone la faziosità o, quanto meno, la approssimatività, la mancanza di fondamenti e di rigore sto­rico, e non potrà quindi sottrarsi a polemiche, come del resto si è già visto da talune delle prime recensioni apparse.
La crociera del Maddaloni è, in primo luogo, la narrazione particolareggiata dell'ul­tima impresa marinara di Bigio, della sua laboriosa preparazione finanziaria e tecnica e del suo svolgimento. Dal varo della nave (modernamente concepita, con propulsione mista, a vela e a vapore) nei cantieri inglesi di Newcastle alla festosa partenza nel luglio del 1873, dal passaggio attraverso il Canale di Suez all'arrivo a Singapore, dai vagabondaggi fra vari porti dell'Indonesia e dell'Indocina fino al fatale trasporto di truppe olandesi da Giava alTAtjeh, con la conseguente epidemia di colera e la morte di Nino Bixio il 16 dicem­bre 1873, il racconto procede spedito, incalzante, con ritmo non tanto, direi, romanzesco, che potrebbe sembrar sminuirlo, quanto di avventura impregnata di un sottile spirito conra­diano, che appare più esatta e valorizzante definizione e come lo stesso autore ha implici­tamente avvertito (non per nulla il volume è stato preparato per la sezione Uomini e mari di tutti, i tempi della mursiana Biblioteca del mare). Va subito detto, d'altra parte, che la narrazione stessa è pienamente valida dal punto di vista storico, fondata su fonti documen­tarie ampiamente e intelligentemente utilizzate e puntualmente citate, e costituisce quindi, a nostro avviso, un punto definitivamente acquisito, ben oltre le precedenti biografie, sia di carattere tradizionalmente agiografico (Guerzoni, Lazzari ni, ecc.), sia modernamente oc dis­sacranti (Staglieno), per la valutazione critica dell'iniziativa marittimo-commerciale di Nino Biado. Non bisogna dimenticare infatti che a buttarsi a capofitto, come era nel suo temperamento, nell'impresa del Maddaloni, Bixio fu spinto da motivazioni di diverso genere: oltre a quelle propriamente personali, pratiche e utilitaristiche, oltre a quelle che potreb­bero dirsi esistenziali (insoddisfazione per la tranquilla vita di guarnigione, per la routine quotidiana; inquietudine del futuro; ansia di realizzarsi ancora una volta nell'avventura, in quella libertà piena e assoluta che soltanto al comando di una nave in mare aperto egli sembrava avvertire), ve ne fu anche un'altra, di più ampio e valido respiro. Divenuto consa­pevole, forse fra i primi in Italia, che l'apertura del Canale di Suez riportava il Mediterra­neo a quel ruolo primario nella politica marittima e commerciale (oltreché in puri termini di potenza) delle nazioni europee che esso aveva perduto nel XVI secolo, Bixio ritenne che il giovane Stato italiano non dovesse lasciarsi sfuggire l'occasione di inserirsi tempestiva­mente e vantaggiosamente nella nuova realtà. E ciò sostenne ripetutamente, anche in di­scorsi parlamentari, mentre svolgeva inchieste tecniche sullo stato arrctratissimo dei nostri porti e ne sollecitava l'ammodernamento, per renderli agibili alle navi di grande