Rassegna storica del Risorgimento
FENICIA (FAMIGLIA) CARTE; RUVO DI PUGLIA STORIA 1627-1870
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1978
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Libri e periodici
una notevole obiettività di giudizio, rara a trovarsi in personaggi che raccontano le proprie vicende a pochi mesi di distanza dagli avvenimenti.
Altri grossi problemi di governo sorsero nel 1922; la figura di Sa landra è, in questi avvenimenti, soltanto apparentemente secondaria; si tratta in realtà non soltanto del personaggio che nell'ottobre di quell'anno, per alcuni giorni, sembrò il candidato più adatto alla successione di Facta; si tratta anche, e forse soprattutto, dell'uomo politico che maggiormente consenti l'inserimento del fascismo nell'ambito delle forze liberali e conservatrici; la sua posizione, assai diversa dallo strumentalismo di Gioii iti, fu invece di calda adesione; Salandra era veramente convinto che la sua vagheggiata Destra nazionale si sarebbe realizzata con una fusione, con un accordo tra liberali a non democratici , nazionalisti e fascisti. Ciò è estremamente importante perché mostra come vi fosse, negli ambienti della destra parlamentare, di tradizione schiettamente risorgimentale e liberale, la convinzione che il fascismo rappresentasse innanzitutto un fenomeno passeggero, ed in secondo luogo la presunzione che le forze liberali potessero catturare ideologicamente Mussolini ed il suo movimento e condurlo ad un più ragionato oc parlamentarismo . sfumando caratteristiche populistiche ed antidemocratiche. Questo giudizio, che rappresentò il modo di porsi di Salandra nei confronti del movimento fascista prima che il regime si consolidasse, rappresentò anche la giustificazione del liberale, dopo la constatazione che il recupero di cui si era fatto cenno non era evidentemente riuscito, La mia condotta politica di fronte al regime fascista fu ispirata da un pensiero e da uno scopo costante: adoperarmi (...) a ricondurlo gradatamente dall'origine senza dubbio anormale e da un certo punto di vista sovversiva, ad una normalità di vita legale inquadrata nelle nostre istituzioni statutarie (p. 37). Tale l'analisi, compiuta a posteriori, dei due anni di collaborazione col regime; collaborazione che fu incrinata da episodi significativi: la mancata accettazione delle dimissioni delTon. Giunta nel 1924 dall'incarico parlamentare, voluta da Mussolini e la presa di posizione netta dei 28 deputati liberal-conservatori; la pubblicazione del Memoriale Rossi relativo al delitto Matteotti e la reazione di Salandra culminata nelle dimissioni da Presidente della Giunta generale del bilancio; infine l'atteggiamento globale di sfida verso la Camera che contraddistingueva il fascismo, provocò nel gennaio del 1925 le dimissioni di Salandra dall'ufficio di delegato presso il Consiglio della Società delle Nazioni.
11 bilancio che Salandra trae da questo periodo di adesione e di collaborazione al fascismo non è indubbiamente positivo; d'altra parte questo difensore ad oltranza della Destra liberal-conservatrice si sentiva investito di un compito che consisteva nel fare rivivere il più possibile e sotto qualunque regime che lo consentisse, il messaggio di cui era portatore; credette nel fascismo come veicolo, anche involontario, di tale messaggio, e collaborò con esso; allorché fu sicuro che il fascismo non lo era e non lo poteva diventare, lo abbandonò.
Certamente a Salandra era estraneo il clima del Novecento e rappresentava piuttosto l'Italia dei notabili meridionali, che quella delle grandi masse in movimento verso il potere che socialismo, cattolici e lo stesso fascismo, in diversa misura, contribuivano a costruire: d'altra parte i suoi maestri danno la dimensione e la linea della sua visione politica: l'uomo dell'amministrazione, Minghetti; l'uomo di cultura, Silvio Spaventa; il politico onesto e conservatore, Sidney Sonnino.
Soprattutto quest'ultimo fu per Salandra il modello al quale si sforzò di rassomigliare. Le parole di elogio per lo statista toscano, ma soprattutto la sfiducia in un Parlamento demagogo e populista comune ad entrambi gli uomini politici , mostrano tale affinità, presente anche al di là dei dissensi politici contingenti. Proprio basandosi su questa affinità, si può dire che una collaborazione con Mussolini era, in fondo, impossibile, al di là delle momentanee alleanze: il primo, scavalcando la maggioranza del Parlamento, puntava al consenso delle masse, supporto al regime; il secondo, disdegnando le masse, puntava ad un regime parlamentare che fosse espressione della parte più alta ed evoluta della nazione; il primo era l'espressione del mondo politico che la guerra mondiale aveva radicalmente trasformato, ponendo tutti i ceti in grado di condizionare il potere; il secondo pensava ancora che il paese legale valesse molto più di quello reale e che, in ogni caso, l'azione di governo potesse ancora basarsi sui canoni che avevano caratterizzato gli ultimi anni dell'Ottocento.
GIUSEPPE PARLATO