Rassegna storica del Risorgimento
BIBLIOTECA UNIVESRITARIA DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI
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1978
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Libri e periodici
momento delicatissimo nella storia dell'Ottocento europeo, il problema del riconoscimento del regno d'Italia. Anche qui un punto di partenza giuridico, anzi addirittura di legittimità rispetto alle teorie sconvolgenti del Mancini, ma subito grosse complicazioni d'ordine latamente politico, in Francia l'interesse primario (di) preservare fl moto nazionale italiano dai temuti sviamenti repubblicani o rivoluzionari in senso sociale, la Russia che vede lo spettro polacco alle spalle del movimento italiano, il riconoscimento spagnolo ohe appare, nelle concezioni tradizionali di quella che si definiva potenza esclusivamente cat-tòlica , un autentico colpo di Stato.
Più strettamente tecnico il saggio bismarckiano a cui s'è già fatto cenno, con un giudizio più che mai severo sullo sfortunato conte Corri ( L'offerta di Tunisi all'Italia, seppure può ritenersi tale il cauto accenno di Biilow, fu seppellite prontamente, senza che gli italiani, del tutto indifferenti, suscitassero il minimo imbarazzo ) e con un'impostazione sintetica ( La soluzione esclusivamente anglo-francese della questione egiziana rientrava nei piani della politica europea di Bismarck ) che lungo l'intero saggio viene con ampiezza e persuasivamente ragionate.
I rapporti franco-italiani formano l'oggetto dei due successivi saggi, focalizzati il primo sul biennio successivo a Sédan, l'altro su un colpo d'occhio che da Adua arriva alla grande guerra.
L'A. si preoccupa opportunamente di non retrodatare eccessivamente agli anni della Destra lo spirito a triplicista che nel 1882 sarebbe stato determinato e quasi imposto da una lunga storia di circostanze complesse, e ciò quantunque il suo saggio s'interrompa in modo volutamente emblematico col quasi contemporaneo avvento di Robilant all'ambasciata di Vienna e di Andrassy alla teste degli affari esteri della Duplice Monarchia, i due futuri interlocutori di Bismarck.
Nel 1872, secondo l'A., non si trattava d'altro che di concretizzare con fermezza la formula seducente ma un po' astratta ed artificiosa del Visconti Venosta, e ciò si era sostanzialmente ottenuto col conseguimento di tre risultati principali, l'amicizia interessata con la Germania, i buoni rapporti con l'Austria, la reciproca cordialità con la Francia.
II secondo saggio pone subito all'esordio un problema interessantissimo, quello cioè della conversione francofila di Umberto all'indomani di Adua in direzione magari non solo dei circoli commerciali milanesi, come sottolinea l'A., ma un po' di tutte la Destra lombarda (in cui sarebbe stato veramente diffìcile rinvenire un triplicista quand ménte) e dello stesso Onorato Caeteni che aveva assunto la direzione della Consulte.
Il ritorno a quest'ultima da parte di Visconti Venosta conferisce peraltro senza dubbio ben altro peso a queste conversione nonostante quella sua ce certa ripugnanza ad impegnare il paese finemente rilevata dal!'A. (oc Indipendenti sempre! ) che valuta anche al giusto, elevatissimo livello, il contributo di Barrère ( L'importanza dell'accordo scrive l'A. a proposito delle lettere del dicembre 1900 consisteva per l'Italia nel fatto che si trattava della prima affermazione di libertà di movimento nella sua politica estera al di fuori del rigido sistema delle alleanze ).
Abbiamo visto nel titolo e detto più sopra che l'opera antologica si conclude con un esame della crisi del 1939, preceduto da altri saggi sulla politica estera fascista, scritti in occasione della pubblicazione dei documenti diplomatici, ma ampiamente inquadrati nella pubblicistica internazionale.
Escluso dall'ambito d'interessi della rivista un accenno dettagliato a questi lavori, concluderemo col citare le brevi ma succose pagine dedicate all'Italia all'indomani della vittoria. Da quel che sembra un ammonimento indiretto a Sonnino, al quale il ministro degli Esteri si mostrò pertinacemente sordo (a II trattato di Londra non si poteva realizzare senza la dissoluzione del vecchio impero ) al giudizio d'assieme doverosamente severo su Orlando ( La sua adesione al wiisonismo ed al programma di BissolilÉ restava subordinata alle esigenze della politica interna... I suoi contrasti con Sonnino non erano di fondo, vertendo soprattutto sulla possibilità di realizzare una politica che era,'in sostanza, nazionalista... È col programma dei nazionalisti che la delegazione italiana andò alla conferenza ).
Vorrei soltanto aggiungere che la mancata spiegazione da page di Bissolati davanti alla Camera dei suoi contrasti con Sonnino e delle sue dimissioni, mancanza finemente