Rassegna storica del Risorgimento

BIBLIOTECA UNIVESRITARIA DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI
anno <1978>   pagina <226>
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226 Libri e periodici
spinto U Papa ad intervenire personalmente presso Ferdinando II non era l'età avanzata, fatto di per sé poco significativo, bensì una globale non buona amministrazione, che aveva determinato l'invio a Roma di una serie di lamentele da parte dei vescovi limitrofi. Difatti, se da un punto di vista morale e umanitario non si può che lodare mona. Nicola Caputo, da un punto di vista più pratico, quale quello della amministrazione delia diocesi, le cose andarono in maniera ben diversa e non in conseguenza di disinteresse o negligenza, bensì di una politica poco saggia. Convinto che per superare la crisi, imperante al momento della sua elezione, del patrimonio ecclesiastico, del capitolo della cattedrale e del seminario, deca­duto quantitativamente e qualitativamente sia di allievi, sia di docenti, fosse necessario avere un clero numeroso e culturalmente preparato, mons. Caputo diede l'avvio ad una politica di ordinazioni di a massa , che ebbe come conseguenza diretta la dequalificazione dello stesso clero. Dispensando, per la fretta del reclutamento, molti nuovi adepti dagli ob­blighi disciplinari, che avrebbero garantito la loro formazione morale, limitando al minimo la selezione, che sarebbe stata necessaria, e preoccupandosi troppo spesso delle pratiche esteriori piuttosto che dello spirito che le animava, si venne ben presto a formare un clero incapace, ignorante, alle volte immorale, indisciplinato, tutt'altro che religioso e per di più molto numeroso. In effetti, però, una situazione così grave non era tutto frutto dell'ammi­nistrazione di mons. Caputo, in quanto essa si era andata semplicemente ad inserire in un contesto già esistente dove l'ordinazione sacerdotale di un membro della famiglia elevava socialmente la stessa, procurandogli l'esenzione fiscale ed una definitiva tranquillità econo­mica; tanto è vero che alla formazione del patrimonio, necessario per l'ordinazione e costi­tuito quasi interamente dalla terra e dai suoi prodotti, concorrevano oltre ai genitori anche fratelli, zìi, cugini tutti i futuri fruitori della migliorata condizione. Praticamente la fame e le difficoltà di vita spingevano un rappresentante almeno della famiglia al sacerdozio, su di una strada in cui la iniziale assoluta mancanza di vocazione, unita alla successiva insuf­ficiente istruzione morale e culturale, dovevano necessariamente formare un clero non all'altezza delle necessità e, quindi, non atto a colmare le carenze della diocesi. Trattando nel III e IV capitolo del suo studio di questa complessa situazione, l'A. ci dà un quadro della strutturazione della chiesa leccese in rapporto alla società del tempo, da cui risulta evidente lo stretto legame tra società, clero e terra, che costituendo l'unica fonte di ric­chezza nel Mezzogiorno, formava naturalmente la parte preponderante del patrimonio sacro e dei futuri costituendi patrimoni necessari alle ordinazioni. Allo scopo, quindi, di chiarire ancor meglio i termini della situazione, l'A. presenta una serie di tabelle accompagnate da un'accurata spiegazione circa l'abbondanza delle ordinazioni nella diocesi di Lecce, sia rela­tiva ai candidati extra-diocesani, sia ai secolari provenienti dalla diocesi, circa i bèni costi* tuenti il patrimonio sacro e i membri della famiglia concorrenti a formare lo stesso e, in­fine, dà un prospetto delle varie parrocchie della diocesi con il relativo numero di voca­zioni portate a termine.
In conclusione lo scopo che l'autore ha voluto raggiungere è stato quello di mettere in evidenza, indagando sull'episcopato di mons. Caputo, i rapporti strettissimi esistenti tra terra società e clero, e soprattutto i punti di netta crisi di quest'ultimo, per il quale l'atti­vità di Nicola Caputo non ha purtroppo segnato nessun miglioramento. Un lavoro nel com­plesso interessante che bene si inserisce nell'ambito degli studi che maggiormente attrag­gono Bruno Pellegrino, dove forse, però, si sorvola troppo l'indagine sull'estrazione sociale del clero; si evidenzia, infatti, lo stretto rapporto del clero con la società, come espressione di questa, e del clero con la terra, come conseguenza del suo possesso, ma non si definisce esaurientemente la matrice sociale dei possessori di questa terra, la si lascia più intuire di quanto se ne tratti. Completano lo studio note accuratissime che forniscono indicazioni utili e ampliamenti interessanti per approfondire ulteriormente le singole fonti dei pro­blemi affrontati.
MARINA PACI GABRIOTTI