Rassegna storica del Risorgimento

BIBLIOTECA UNIVESRITARIA DI GENOVA FONDI ARCHIVISTICI
anno <1978>   pagina <235>
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Libri e periodici 235
venienza regionale cementati dalla comune avversione per i subalpini, viene da un lom-bardo, il Casati, che, preposto alla Pubblica Istruzione, gli sopprime per prima cosa l'uni-versila di Sassari con una decisione destinata comunque a rientrare: lungi dal dedicare all'episodio una pausa di riflessione, che i tempi calamitosi forse non consentivano, Asproni risolve tutto alla sua maniera, cioè con un irato crucifige, e il nome di Casati va ad allun­gare la lista di quei ministri La Marmora e Dabormida in testa di cui la Sinistra dovrà chiedere a Rattazzi l'avvicendamento. Così l'antipiemontesismo continuerà a frapporsi come un velo tra l'occhio di Asproni e la realtà e, ripreso come criterio interpretativo dei primi passi dello Stato nazionale, perderà anche quel po' di validità che poteva aver avuto quando era stato applicato alle vicende del Regno di Sardegna. E ciò sia detto senza sotto­valutare il problema dell'invadenza dei Piemontesi, problema che i contemporanei avverti­rono come urgente ma che non poteva essere tale da condizionare lo sviluppo del paese oltre una certa misura.
Ma tutte queste considerazioni non possono assolutamente far passare in secondo piano i meriti del Diario come fonte né quelli di Asproni come osservatore di un mo­mento storico che, per essere di transizione, non era affatto di facile lettura. Eppure in queste pagine si incontrano intuizioni delle più acute e utili spunti di ricerca. Sarà bilioso, sarà petulante, ma in molti casi Asproni sa studiare gli uomini e giudicarli: così i tanti avvertimenti che nel corso del '59 egli ha dato sulle tendenze sempre più filomonarchiche di gente come Medici e Bixio trovano una loro conferma che a qualcuno meno attento sarebbe potuta apparire imprevedibile negli eventi del '60; e le sue annotazioni sono lì a dargli atto che fin dall'ottobre del '59 ha cercato di persuadere Garibaldi a distendere l'agitazione e far di tutto perché il Reame di Napoli si commuova insurrezionalmente (p. 313) nella convinzione che ce se Napoli si muove, quegli uomini di spiriti elevati e ar-dentissimi diventano primi e assorbiscono il Piemonte nella causa nazionale (p. 377). E quella sua profezia al momento del plebiscito napoletano a Quest'annessione precipi­tata ci darà la guerra civile (p. 558) cosa è se non l'individuazione di una delle più immediate cause politiche del brigantaggio? E quando da Palermo denuncia le collusioni fra poteri pubblici, potere economico e delinquenza organizzata, stretti in un rapporto di mutua assistenza e tolleranza (pp. 597, 601), non coglie forse alle origini, pur senza arri­vare a farne il nome, uno degli aspetti preminenti del fenomeno mafioso?
Detto ciò, e detto che il Diario offre, con il preciso resoconto che Asproni sì diverte a dare delle più singolari usanze siciliane, abbondanza di materiale anche agli storici delle tradizioni popolari, non resta che raccomandare ancora la lettura di questo testo che si av­vale di un ben registrato apparato critico, con note esaurienti e con un dignitoso indice dei nomi. Un'ultima curiosità: sebbene si fermi al *60, il Diario propone alla data del 5 di­cembre '60 un necrologio di Cavour: è un falso allarme, ma Asproni, nel quale gli ultimi tre anni sono serviti a rinvigorire l'avversione e l'incomprensione per lo statista piemon­tese, è ancora una volta coerente nei suoi rancori e, malgrado specifichi di essere perso­nalmente indifferente, definisce l'avvenimento a provvidenziale per l'Italia, fornendo del caro estinto, che tale ancora non è, un ritratto in cui, spente tutte le luci, non c'è apprez­zamento che non sia di carattere negativo: <t Sarà difficilissimo, direi quasi impossibile, che il
inarrivabile e singolare negli espedienti, facile al frizzo, cieco nelle ire, e ardito a fare qua-
-... ., .,... paese ., sicuramente leggeremo nel giugno del '61, non si discosterà molto da questo.
GIUSEPPE MONSACRATI