Rassegna storica del Risorgimento

anno <1978>   pagina <457>
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Libri e periodici
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Niccolò Tommaseo nel centenario della morte, a cura di VITTORE BRANCA e GIORGIO PE­TROCCHI; Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1977, in 8, pp. 642. S.p.
Il volume raccoglie gli atti del convegno tenuto nella primavera 1974 a Venezia per iniziativa della Fondazione Giorgio Cini in occasione di un centenario che, immediata­mente successivo a quello manzoniano, fu presentato e divulgato anche a livello mediamente colto sotto la prospettiva linguistica ed estetica più vicina all'irrequieta sensibilità contem­poranea, ma assai meno sotto quella psicanalitica, che costituì viceversa uno dei momenti di maggiore e più clamorosa dissacrazione di don Alessandro e che nel Tommaseo si sarebbe prestata ad una verifica ben più ricca e vasta, e soprattutto effettivamente impre­scindibile in un tentativo d'approccio ad una personalità cosi pertinacemente ambigua e sfuggente (in questi atti congressuali è Stefano Jacomuzzi che solo si sofferma ad indagare l'importanza dell'esperienza del sogno nel Nostro, rivelante quella centralità della figura della madre e della presenza della morte, dalle quali entrambi Niccolò è escluso per un evidente complesso di colpa, donde l'opportuna sottolineatura di a quel senso di ansia che percorre l'universo del Tommaseo e che circonda le sue affollate visioni di un che di feb­brile e di abbacinante proprio dell'esercitazione onirica ).
Comunque ciò sia, e per stare oggi qui a quanto in questa sede più strettamente ci concerne, diremo subito che i risultati più persuasivi del convegno ci sembrano raggiunti dai contributi di Fausto Montanari ed Umberto Carpi, non a caso quelli che pongono il fuoco della loro indagine sulla spiritualità e più precisamente sulla religiosità più o meno cattolica del Dannata, un problema anche qui preliminare ed anche qui imprescindibile per la valutazione di tutta la sua opera, non solo la letteraria, che nel convegno fa ovvia­mente, e doverosamente, la parte del leone, non soltanto per la presenza dei due autorevo­lissimi curatori, ed al di là dei loro personali contributi, ma anche la politica, sulla quale si soffermano Spadolini e Passerin, come meglio vedremo avanti.
La verifica di Montanari parte da un'identificazione rigorosa tra religiosità istintiva (come l'essere bipede!) e cattolicesimo tradizionalista di Niccolò, al quale è estraneo ce qua­lunque desiderio di ridurre o di cambiare le istituzioni visibili della Chiesa in ciò diffe­renziandosi anche dall'amico Rosmini e facendo giustizia dei precorrimenti giovannei ai quali vorrebbe indulgere Spadolini.
Questa caratterizzazione estremamente oc di destra è quanto mai suggestiva, l'identi­ficazione tra cristianesimo, democrazia e libertà italiana, la fede realistica, contadina, medievale , l'assenza del desiderio di a spiritualizzare il culto religioso e perciò d'influssi illuministici (l'opposto di quanto afferma Passerin) ad eccezione dell'incontestabile Rous­seau che si collega alla fondamentalità della discendenza savonaroliana in Tommaseo, la nozione di Cristo come Dio-Amico al cui cospetto anche i peccati sono compiuti con tor­mento, furore e desolazione nella consapevolezza drammatica di riconoscersi peccatore senza peccare contro lo spirito cercando giustificazioni intellettualistiche e ciò a causa della sua tranquilla fede in un Dio di misericordia, esigente e tuttavia capace di accet­tare le debolezze dell'uomo .
Non è meraviglia pertanto che il Montanari concluda per una totale mancanza di dialettica e di problematicità nel pensiero spirituale del Dalmata, mancanza che il Carpi, a proposito di un quaresimale inedito del 1835, singolarmente coincidente con l'esordio del Lacordaire, trasferisce anche nei campo delle idee sociali e più latamente politiche. a una concezione dello sviluppo produttivo e dei rapporti sociali egli scrive opportuna­mente ridimensionando la discendenza sansùnoniana enfatizzata dal Pitocco e qui ripresa dal Passerin largamente mutuata dai liberali toscani e dalla particolare linea di evolu­zione capitalistica che essi proponevano, quella finanziario-commerciale, senza industrializ­zazione e con la conservazione della mezzadria .
Questo idoleggi amento del popolo come sede di valori non contaminati , a cui si riferisce spesso anche Passerin come una sorta di versione italiana del populismo conta-dino russo, nulla ha da spartire, secondo Carpi, col socialismo, limitandosi ad una contrap­posizione alle * plebi inurbate democratizzate in fatto od in potenza da Mazzini e perciò ad "P consapevolezza recisa, globale, fisiologica , dice Carpi, dei presupposti e degli obiettivi ohe si possono e si debbono porre ad un intellettuale organico scaturito da