Rassegna storica del Risorgimento
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1978
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Libri e periodici
per la prima volta dacché l'Italia è sotto i cieli e nelle acque del mare, sanno finalmente di dover combattere per uno patria, la loro patria, e che questa ha nome Italia. Oh, si, mezzo secolo di unità non è andato perduto! t>.
Raffaele Ciasca, uno dei più affezionati e amati pupilli di Fortunato, in un commosso quanto sobrio e misurato articolo, pubblicato nel 1964 saMCArchivio storico per le province napoletane, dopo aver ricordato che Matilde Serao presentò Giustino Fortunato come protagonista del romanzo La conquista di Roma, ha voluto ritrovare il riconoscimento ufficiale della ce questione meridionale nel discorso di presentazione del governo, fatto da Giolitti il 1 dicembre 1903, Lo statista di Dronero, infatti, in quell'occasione e da quella, solenne tribuna, inserì tra i doveri nazionali quello di risollevare le condizioni economiche del Mezzogiorno. Il concetto era assai lontano da quelli preferiti da Fortunato, che, legato al motivo della e povertà naturale del Sud, mai sottoscrisse e condivise gli indirizzi e le scelte del leader liberale piemontese. L'affermazione giolittiana non colse né raccolse il significato più recondito del meridionalismo di Fortunato, proseguito senza soste e quasi rinato con gli entusiasmi suscitati dalle battaglie oratorie e giornalistiche di Gaetano Salvemini.
Accanto alla oc questione meridionale nei suoi gravissimi contenuti materiali, che, lo abbiamo già rilevato, non poteva avere un senso, separata dalla fiducia nell'unità nazionale, il problema del Sud si manifestava nell'animo di Fortunato penosamente e drammaticamente attraverso l'accorata e, nel contempo* severa denunzia della situazione di corruzione e di immaturità, in cui vivevano i ceti elettorali, e della condizione di secolare abbandono delle classi meno abbienti.
Fortunato sedette a Montecitorio per ben 29 anni: con il sistema uninominale rajn presentò Melfi, con il plurinominale, invece, fu eletto nel collegio di Potenza I. Iniziò la sua carriera nel 1880, battendo il prof. Floriano Del Zio, deputato per 5 legislature con ampi suffragi, e la chiuse nel 1909, tenendo fede all'impegno, categoricamente e rigorosamente assunto, di non ripresentarsi, impegno nel 1903 già preannunziato e poi non rispettato, l'anno dopo, per l'impossibilità di trovare un degno successore.
Già, all'indomani dell'ultima riconferma, esprimeva il suo immenso fastidio per l'ambiente politico e dalle intenzioni di abbandono non tornerà più indietro, pronto a respingere, sono sue parole, anche un'eventuale nomina plebiscitaria.
In un collegio, la cui percentuale di votanti poteva essere considerata normale rispetto la media generale e che nel 1900 e nel 1904 vedeva gli aventi diritto pari al 5,43 e al 5,46 della popolazione, il Fortunato ebbe la punta più bassa di suffragi (55,59 /o) nel 1886, durante la fase plurinominale, e le più alte nel 1897 (96,60 ) e nel 1895 (94,94 ). H suo distacco dall'agone politico più vivace e la sua stanchezza furono visibilmente testimoniati dal calo fatto registrare tra la consultazione del 1900 e quella del 1904: il 92,69 di voti favorevoli su 100 votanti divenne, quattro anni più tardi, soltanto il 73,08 .
Sin dal 1870, il Fortunato, definitosi monarchico nelle ossa , aveva addebitato alla Sinistra la responsabilità della rovinosa situazione morale e materiale del paese. Queste stesse idee, inalterate per saldezza e vigore, ripete nel 1891, nel 1900 e nel 1911: la pulizia morale della Destra lo attraeva e solo in essa trovava il necessario tramite per una metamorfosi radicale della nazione.
Sul problema della corruzione e sulla necessità di sollevare dal nulla il livello della classe dirigente, aveva da sempre battuto con una forza e una durezza, che avevano finito con il renderlo quel solitario , che confesserà di essere in uno scritto a Zanardelli del loglio 1899. Contro il sistema politico e contro la borghesìa, allo stesso tempo responsabile, perché inetta e calcolatrice, e vittima, perché mai opportunamente educata, il Fortunato possedeva una doppia terapia, nella quale non credeva tanto da metterlo al riparo di sor* prese sempre imprevedibili. Pur ritenendo lo scrutinio di lista a una galera , era dell'avviso che in attesa di tempi migliori, in cui, cioè, fossero forgiate classi politiche degne di tal nome, occorresse lavorare di mezzi termini . Un buon mezzo termine soggiungeva mi pare il frequente avvicendarsi dello scrutinio di lista col collegio uninominale ,
Una fiducia più completa riponeva nel suffragio universale, inteso non certo come strumento di eversione sociale, ma, ai contrario, come garanzia di equilibrio nella paventata prospettiva dell* assoluto predominio della piccola borghesia burocratica e dell'arti-