Rassegna storica del Risorgimento

anno <1978>   pagina <476>
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Libri e periodici
di riflesso su quello sociologico, comunque, serve a ricordare l'immagine di maniera del meridionale, e più accuratamente del napoletano, sorta alla fine del secolo, in pieno periodo dell'analisi della Marmo, cioè, con la scuola antropologica. La superstizione, la leggerezza e la mobilità del carattere costituivano, secondo le tesi allora in grande rilievo, i connotati più evidenti dell'inferiorità popolare.
Il patrimonio informativo presenta ugualmente sul piano generale lacune innegabili e inspiegabili. Neanche criticamente vengono citate le due opere di Rosario Romeo (Risor­gimento e capitalismo e Breve storia della grande industria in Italia. 1861-1961) per tanti versi salienti nella storiografia economico-sociale degli ultimi venti anni; analogo silenzio è riservato a L'economia italiana dal 1861 al 1894 di Luzzatto, analisi essenziale e profonda del primo trentennio unitario.
Andavano, poi, ricordati con maggiore ampiezza i saggi di Luigi De Rosa, il più rilevante dei quali, La rivoluzione industriale in Italia e il Mezzogiorno, riserva una viva attenzione alle lotte, condotte specie negli anni Ottanta, dai tecnici e dagli operai partenopei per nuove, positive prospettive di lavoro. Non dovevano essere sottovalutate, come in sostanza sembra lo siano, le conclusioni di Galasso sullo sviluppo demografico dopo l'unità e sul quadro urbano socio-professionale.
In un'opera, interessata alla Napoli paleo-anarchica , ai sindacalisti rivoluzionari e al giovane Bordiga, allo sviluppo del conflitto di classe e al superamento dellV immagine tradizionale di una città immobile e dominata da un * sistema paternalistico * , appare veramente strana l'omessa valutazione delle spiegazioni date sull'argomento Napoli da Antonio Gramsci. L'ideologo sardo, esaminando tanto le famose pagine di Goethe quanto l'opuscolo di Giustino Fortunato e la recensione di Luigi Einaudi, aveva consentito con le conclusioni raggiunte, che escludevano la leggenda del ce lazzaronismo organico, ma aveva negato il carattere della produttività all'industriosità napoletana.
La Marmo non ce ne vorrà se non crediamo di dover interrompere ancora l'in di ra­zione dei testi e degli autori non trattati o mal trattati, a nostro avviso, almeno utili per evitare un corredo bibliografico troppo omogeneo. Giustino Fortunato, il massimo tra i meridionalisti , non certo inattivo e silenzioso durante il periodo preso in esame dalla Marmo (tanto per dare una prova del suo impegno, si batté con estrema energia contro le leggi speciali per il Sud), è posto nel dimenticatoio più completo. Bandito dall'atten­zione è anche un sobrio e informato articolo di Pasquale Villari sulle condizioni dell'indu­stria nel capoluogo partenopeo, apparso sulla Nuova Antologia del 1 gennaio 1904. Viene sottovalutato il contributo recato alla discussione dei problemi sociali da quel generoso e sensibile esponente socialista, che fu Ettore decotti, oppositore tenace della legislazione speciale, reputata insoddisfacente soprattutto a causa della sua frammentarietà.
L'autrice esprime, nelle pagine introduttive, la preoccupazione di evitare una contrap­posizione tra la storia politico-istituzionale e una storia altrettanto unilaterale che isoli i conflitti di lavoro e non si sforzi di misurarne il peso sociale anche in relazione al sistema di potere, al modo in cui in esso si collocano i diversi gruppi, ecc. . L'intenzione è in potenza davvero buona, ma francamente sembra superata e accantonata rapidamente. La terminologia, troppo spesso spiccatamente tecnica e quindi inadeguata ai tempi, e il lin­guaggio, di frequente insolito per un'opera con esplicite pretese scientifiche, hanno un valore condizionante e spingono il saggio su quei binari dell'unilateralità, paventati dalla Marmo.
// proletariato industriale non è, ad ogni modo, completamente posseduto dalle ombre. Obiettivamente, infatti, pagine di non disprezzabile livello sono riservate all'analisi dello legge del luglio 1904 per l'incremento industriale di Napoli. La legge fu, secondo il giù* dizio di Gioacchino Volpe, certamente utile ma altrettanto sicuramente insufficiente . Ha ragione Seton-Watson nello scrivere che la normativa speciale se alleviò le condizioni del Mezzogiorno non ne risolse t problemi . In altri termini la protesta dei meridionali­sti fu di tono troppo alto e polemico, ma non fu eccessiva nel pronostico dei risultati, invero assai parziali e contenuti.
Guardando agli anni 1904-1914, sia pure in forma interrogativa, la Marmo intitola l'ultimo capitolo, Verso lo scontro classe contro classe? , In questa circostanza l'autrice è certamente guidata da onestà e correttezza: non è possibile vedere con certezza in quel periodo, a Napoli così come in Italia, una situazione di scontro tra gli schieramenti.