Rassegna storica del Risorgimento

GRAN BRETAGNA POLITICA ESTERA 1848
anno <1979>   pagina <23>
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Inghilterra, Italia, Europa nel '48 23
guato che il desiderio di serbare l'amicizia dell'Inghilterra, il timore di perdere il nostro appoggio o di incorrere nel nostro risentimento, o altre considerazioni di prudenza siano bastate a far accettare ai siciliani la sovranità di un uomo così aborrito, che la loro costituzione a quanto dicono esclude dal trono .23) Dimentica, Minto, che se gii interessi dell'Inghilterra coincidevano con quelli della classe dirigente siciliana, gli interessi della classe dirigente siciliana coin­cidevano con quelli dell'Inghilterra: il vantaggio era reciproco.
Ma è Napoli, questa volta, che si mostra intransigente. Minto batte e ribatte sul tasto del pericolo rivoluzionario; ammonisce che una soluzione di forza potrebbe condurre a una catastrofe. A Napoli si è convinti che sta per scoppiare una guerra generale, e che, nel conflitto, la Sicilia potrà e dovrà esser riconqui­stata e restituita al suo sovrano. La scintilla si accenderà spontaneamente afferma il principe di Cariati nello scontro fra la Sardegna e l'Austria. La Francia dovrà intervenire. Sebbene conforme agli interessi della Gran Bretagna conclude rafforzare la sua flotta nel Mediterrano, ridurre la Sicilia all'ob­bedienza, accordare il suo appoggio ai sovrani legittimi, opporre le sue armi alla propaganda repubblicana, che già fa sentire i suoi effetti .24) Insomma, Napoli rovescia le carte: gioca sulla paura inglese di una soluzione repubblicana e di una ingerenza francese, per indurre l'Inghilterra a divenir lo strumento della restaurazione monarchica.25*
Ma l'Inghilterra è aliena da una soluzione di forza, che, per di più, la le-gherebbe al carro della reazione, mentre i suoi principii e il suo prestigio le impongono l'indirizzo liberale e costituzionale. L'Inghilterra ha difeso fin che ha potuto l'unità del regno borbonico per evitare complicazioni; ora, le stesse ragioni di prudenza consigliano di abbandonare ogni riserva, e di assicurare le proprie posizioni in Sicilia assecondando le rivendicazioni siciliane. Minto lo scrive chiaramente a Palmerston: La Sicilia cerca appoggio nell'antica ami­cizia inglese. Essendo falliti tutti i tentativi di salvare l'unione delle due corone di Napoli e di Palermo, per colpa della Corte di Napoli, ora che la separazione è un fatto compiuto non posso far altro che esprimere il desiderio che il governo britannico vegli col massimo impegno alla rigenerazione della Sicilia come Stato indipendente.26* Una Sicilia costituzionale, insomma, governata dai ceti più sensibili all'influenza inglese, più legati all'Inghilterra dall'aflinità di spiriti e di interessi. Palmerston è della stessa opinione. Commentando il rifiuto di re Ferdinando di permettere il trasferimento della corona siciliana sul capo di uno dei suoi figli, scrive a Napier: H governo britannico non riesce a comprendere in seguito a quali speranze questa decisione è stata presa. È difficile credere che il governo napoletano immagini di poter riconquistare l'isola e di ridurla all'obbedienza con la forza. Da chi spera il governo napoletano un aiuto? Forse dalla Gran Bretagna? Se è così, il governo napoletano deve essere avvertito al più presto del suo errore. In nessuna circostanza immaginabile il governo britan­nico invierà le sue forze navali e militari per contrastare la volontà del popolo siciliano, ed obbligarlo a divenire suddito di un re al quale ha rifiutato di sot­tomettersi . V'è, poi, un'altra ragione che, più o meno chiaramente espressa,
23) Minto a Palmerston, 14 marzo 1848, ivi, 2) Minto a Palmerston, 19 marzo 1848, ivi.
25) Napier a Palmerston, 19 marzo 1848. V. anche Minto a Napier, 21 marzo 1848,
ivi.
26) Minto a Palmerston, 25 marzo 1848. V. anche 21 aprile 1848, ivi.
27) Palmerston a Napier, 24 aprile 1848. V. anche 6 aprile 1848, ivi.