Rassegna storica del Risorgimento

COSTITUZIONALISTI ITALIANI; GRAN BRETAGNA SISTEMA COSTITUZIONAL
anno <1979>   pagina <29>
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Il sistema costituzionale inglese 29
e dove, per disgrazia dei suoi abitatori, c'è più licenza che libertà. 14> Tale scetticismo gli derivava da tre considerazioni: in primo luogo dalla sfiducia nel carattere di assoluta indipendenza del re; secondariamente, dal timore della sua segreta e perniciosa influenza sul Parlamento; ed infine dall'incostanza della costituzione che, non essendo redatta per iscritto, gli sembrava essere pericolo­samente soggetta a mutamenti arbitrari.
A questa valutazione critica del più colto, forse, tra gli illuministi italiani sensibili alla problematica legislativa ed istituzionale, si veniva anche aggiun­gendo quella certa dose di anglofobia variamente diffusa in tutto il continente europeo per la ribellione delle colonie nordamericane e la formazione degli Stati Uniti d'America; un'anglofobia che giungeva persino ad appannare lo stesso giu­dizio del Melzi, naturalmente portato dal suo liberalismo moderato all'esalta­zione della costituzione britannica la sola forse tra le moderne che abbia saputo serbare incolume la civile libertà. Ma la diffusione della conoscenza delle scelte politiche nordamericane, grazie all'opera di personaggi come Filippo Mazzei,,6) finiva con l'offuscare ogni sorta di positivo giudizio della costituzione inglese nell'ultima fase dell'Antico Regime. E per questo appariva quasi emble­matico l'invito del Filangieri agli Inglesi che modificassero il loro sistema poli­tico con la legislazione, stabilendo l'assoluta indipendenza della magistratura dal sovrano, impedendo a questo la nomina dei Lords temporali e spirituali e ren­dendo rigida la loro costituzione, da flessibile qual'era, con un apposito testo nor­mativo scritto: Cercate di conciliare in un Codice la libertà, la pace e la ragione: allora sì che non ci sarà che aggiungere ai fasti della vostra gloria . 17> Ma, al di là della prosa piuttosto enfatica del Filangieri, si deve sottolineare come i motivi addotti da anglofili ed anglofoni nei loro discorsi sul governo e la costituzione d'oltre Manica, avrebbero dovuto presupporre un'analisi più seria ed approfondita dei contenuti essenziali delle istituzioni politiche inglesi. Ma queste, oggetto di discussioni anche vivacissime, non mai, però, di profonda meditazione, evidentemente non attiravano più la cultura italiana della fine del Settecento che anzi sembrava percepirne la fondamentale estraneità alla conce­zione dello Stato e del potere che si andava allora elaborando per il prevalente influsso della pubblicistica francese. Ed anzi la diffusione pressoché generaliz­zata nella cultura italiana del periodo rivoluzionario delle dottrine rousseauviane, oggi documentata anche grazie allo studio della Rota Ghibaudi18) che ha saputo largamente colmare quelle curiosità a suo tempo suscitate dalle approfondite indagini dello Schiff sulla fortuna editoriale degli scritti del ginevrino,19) testimonia la pratica irrilevanza di ogni analisi sul governo inglese allora com­piuta in Italia.
Ed anzi i testi del famoso concorso indetto nel 1796 sul tema Quale dei go­lf) G. FILANGIERI, La scienza della legislazione, Firenze, 1794-1796, voi. I, p. 109 sgg. Ì3> p. MELZI, Memorie, documenti e lettere inedite, raccolte ed ordinate da G. MELZI, Milano, 1865, voi- I, p. 119.
16) F. MAZZEI, Reckerches historiques, et politiques sur les Etats XJnis de VAmérique Septentrionale, Paris, 1788.
n) G. FILANGIERI, JM scienza della legislazione cit., voi. I, p. 126. Su questo atteg­giamento del Filangieri, cit. sempre S. COTTA, Gaetano Filangieri e il problema della legge, Torino, 1954. p. 137 sgg.
18) S. ROTA GHIBAUDI, La fortuna di Rousseau in Italia (1750*1815), Torino, 1961.
19) ivi. SCKTFP, Editioris et traductions italiennes des oeuvres de /. /. Rousseau, Pa­rigi, 1908.