Rassegna storica del Risorgimento
COSTITUZIONALISTI ITALIANI; GRAN BRETAGNA SISTEMA COSTITUZIONAL
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1979
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Carlo Ghisalberti
verni liberi meglio convenga alla felicità d'Italia, adesso finalmente raccolti da Armando Saitta, danno appunto il senso della diffusa incomprensione e della pressoché totale ostilità mostrata dal giacobinismo italiano nei confronti del sistema politico britannico. Gli esponenti di quello, infatti, imbevuti di dottrine illuministiche di marca francese ed auspicanti per lo più l'introduzione nelle repubbliche italiane di ordinamenti costituzionali modellati sul testo direttoriale dell'anno IH (1795), erano fondamentalmente alieni dall'attribuire carattere di positività alle strutture politiche di quell'Inghilterra che, anzi, rappresentava allora l'avversaria implacabile della Francia rivoluzionaria. Talvolta infatti mostrano di ignorarle del tutto come appare dalla prosa di Carlo Botta e di Melchiorre Gioia che pure non hanno mancato di richiamare frequentemente le esperienze costituzionali di altri popoli; più spesso, invece, quando non ne contestano il regime con argomentazioni di bassa polemica, come sembra fare Francois Fabre, ne condannano le forme perché riflettenti, secondo il Lanceiti, gli aborriti postulati del governo misto,21) o perché lasciano soverchio spazio, secondo il Maurice, ai partigiani dell'assolutismo e del dispotismo.22)
E questi giudizi, espressione tipica della mentalità rivoluzionaria ed al tempo stesso prodotto generato dalla propaganda del triennio, condizioneranno largamente l'opinione pubblica dell'intero periodo napoleonico, portata quasi naturalmente a condividere l'ostilità derivante dal clima di guerra contro l'Inghilterra ed il suo sistema politico così lontano dall'autoritarismo imperiale.
Vero è, però, che allo Stato burocratico ed accentratoro modellato sui canoni di governo napoleonici che gli statuti del Regno d'Italia, del Regno di Napoli e degli altri ordinamenti satelliti della Francia nella penisola ponevano in essere, si veniva opponendo l'immagine di un altro tipo di organizzazione politica nella Sicilia sottratta all'egemonia d'oltr'Alpe dalla presenza della flotta britannica. E che, pertanto, alla pubblicistica esaltatrice del regime francese, largamente diffusa in tutta l'Italia continentale con un linguaggio spesso encomiastico e cortigiano, e solo raramente meditato nelle forme e serio nei contenuti, faceva riscontro in Sicilia un riaccendersi dell'interesse per il costituzionalismo inglese, soprattutto durante il processo formativo e la vita della costituzione del 1812 che sembrava rifarsi, almeno in parte, ai canoni di quello.
Non si può naturalmente sopravvalutare la portata di questa costituzione la cui redazione si inseriva nella peculiare tradizione del diritto pubblico siciliano svoltosi per una larga serie di aspetti in modo del tutto autonomo da quello delle province continentali italiane. Non vi è comunque dubbio che nel suo processo formativo e, forse più ancora, nella sua interpretazione ha avuto un ruolo emi-
2) C. BOTTA, Proposizione ai Lombardi di una maniera di governo libero, in A. SAITTA, Alle origini del Risorgimento: i testi di un celebre concorso, Roma, 1964, voi. I, p. 8 sgg.; M. GIOIA, Dissertazione sul problema dell'A mministrazione generale della Lombardia: Quale dei governi Uberi meglio convenga alla felicità dell'Italia, ivi, voi. II, p. 13 sgg. È interessante notare come G. PECCHIO, L'anno mille ottocento ventisei à*elVInghilterra colle osservazioni di G. P., Lugano, 1827, ora in Scritti politici, a cura di P. BERNARDELLI, Roma, Ist. per la storia del Risorgimento italiano, 1978, p. 353 abbia mosso una dura contestazione a questi due autori per la loro anglofobia*
21) p, FABRS, Memoria di un patriota in risposta al progetto deWAmministrazione generale di Milano, in A. SAITTA, Alle origini cit., voi. II, p. 394; V. LANCETTI, Del governo Ubero più conveniente alla felicità d'Italia, ivi, voi. III, pp. 39-40.
22) G. B. MAURICE, Discours sur la question propasée au concours par VAdministra-tion generale de la Lombardie à Milan, ivi, voi. Ili, p. 69.