Rassegna storica del Risorgimento

PET?FI S?NDOR; UNGHERIA STORIA 1848-1849
anno <1979>   pagina <38>
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SANDOR PETÒFI (1823-1849) NELLA RIVOLUZIONE UNGHERESE DEL 1848-49
Ha scritto Lajos Maro ti:
Il Risorgimento creò il suo mito di Petófi, con assoluta buona fede e non senza fondamento, secondo le sincere effusioni e le caratteristiche formule, proprie dell'epoca del proprio rivoluzionarismo borghese. I bravi garibaldini, combattuta la loro battaglia, fecero ritorno a casa, furono promossi a parlamentari, si fecero crescere barba e prebende collocando il Petófi mitico nel loro Pantheon, dove sta tuttora. *)
In effetti la realtà ed il valore di Petófi furono ben diversi.
Il grande poeta magiaro, forse Punico del suo paese conosciuto in Italia anche dai profani, apparve sulla scena politica e culturale in quell'Ungheria del XIX secolo in fase avanzata di rinascita linguistico-culturale e politico-nazionale. Un politico, un rivoluzionario il cui nome è rimasto non soltanto nella storia del suo paese, ma anche in quella europea. Petófi ebbe un doppio ruolo di poeta e di rivoluzionario, coerenti entrambi fino alla morte, soprag­giunta a soli ventisei anni su un campo di battaglia della guerra d'indipendenza ungherese contro austriaci e russi nel 1849.
L'epoca in cui egli visse era piena di contraddizioni. Il suo paese, l'Ungheria, era, come l'Italia, dominato dagli austriaci; gli ungheresi vogliono, come gli ita­liani, diventare padroni della propria terra. Il paese è paurosamente arretrato, ogni progresso è frenato dall'istituto, ancora in vigore, della proprietà feudale e della servitù della gleba; l'economia è di tipo arcaico, la burocrazia, bigotta, è nelle mani dei tedeschi d'Ungheria o degli stessi austriaci; la cultura è un privi­legio di pochi, i trasporti sono arretrati, lo spionaggio metternichiano dilaga; d'altro lato, il ricordo e l'esperienza della Rivoluzione francese spingono verso un cambiamento. Ma chi potrebbe mettersi alla testa d'un movimento innovatore, liberale in un paese per il 99 agricolo, dominato dal grande latifondo, con pochissime industrie ed una borghesia appena sorgente? Il paradosso storico del­l'Ungheria (comune per altro ad altri paesi dell'Europa orientale) fu che l'ela­borazione e la realizzazione del programma che avrebbe condotto il paese verso un'economia liberistica vennero assunti dall'unica forza esistente ed in grado di poterlo fare, la nobiltà. Nella prima metà del XIX secolo questa comprende che l'economia feudale non rende più, è superata. Tentare un cambiamento è, però, impresa assai difficile: nel seno stesso della nobiltà ci sono forti opposi­zioni, dettate dal timore di una rivolta contadina (sul tipo di quella della Galizia nel 1846, abilmente manovrata da Vienna contro il riformismo di stampo libe­rale dei nobili polacchi) e dalle difficoltà di una prima organizzazione in senso capitalistico. Inoltre paure non celate per un pericolo intravisto di una possibile rivoluzione sociale creano ulteriori contraddizioni. Petófi si affaccia sulla scena politica e culturale dell'Ungheria in quest'epoca di cambiamenti e di contraddi­zioni.
J) L. MABOTI, Peto fi in Italia, in Sàndor Peto fi, Roma, Accademia d'Ungheria, marzo 1973, pp. 39-44.