Rassegna storica del Risorgimento

PET?FI S?NDOR; UNGHERIA STORIA 1848-1849
anno <1979>   pagina <46>
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Roberto Ruspanti
Petófi canta e inneggia alla libertà, come a una forza che muove il mondo, quasi ad una divinità. E la quintessenza di questa idea di libertà è romanità: la libertà è perciò la forza che forma il mondo, perché l'uomo è la forza che forma il mondo:
Qual'è lo scopo del mondo? La felicità! E come ottenerla? Con la libertà! Per la libertà devo lottare, come già tanti lottarono per lei; e se occorre, versare il mio sangue, come già tanti versarono il loro! *5)
Culto della libertà per Petófi vuol dire fede nell'uomo. Inoltre, come si è visto, egli sapeva che la libertà, particolarmente quella politica, non è tutto e propugnava perciò anche una libertà sostanziale.
Se, all'inizio, Petófi fu uno dei capi e dei principali artefici della rivolu­zione ungherese del marzo 1848, successivamente vide la sua aspirazione di far politica col popolo, di andare avanti col popolo con la sua conseguente azione a favore di questo, di chiara impostazione giacobino-plebea, a sinistra di tutto lo schieramento riformatore ungherese scontrarsi anche con l'intellet­tualità magiara, perfino con il suo protettore e benefattore Vorosmarty ed il suo amico Jókai, disposti tutti quanti ad un compromesso con l'Austria, assieme a gran parte della classe dirigente ungherese. Tra di noi è il maggior nemico , scrive il poeta, riferendosi alla classe aristocratica ed altoborghese magiara, timo­rosa che con il distacco completo dell'Ungheria dalla monarchia asburgica (che a tale classe garantiva secolari privilegi) la via fosse aperta ad un rinnovamento sociale radicale. Petófi fu pertanto un democratico di sinistra, un radicale, non soltanto nell'interesse della vittoria della guerra d'indipendenza nazionale, ma anche nell'interesse della causa della classe contadina. Dovete anche voi crearvi una patria!... Una nuova patria, dove in ogni angolo arrivi il sole e aria lim­pida! > scriveva, a significare che la nuova patria che egli intendeva costruire avrebbe dovuto essere una patria in cui ci fosse finalmente spazio per una società socialmente più giusta di quella dominata dal vecchio ceto magnatizio, vera piaga dell'Ungheria.
Nella fase successiva della lotta contro l'Austria, nel 1849, quando ormai si tratterà di combattere per la sopravvivenza stessa dell'Ungheria attaccata anche dai russi intervenuti in soccorso degli austriaci Petófi combatterà al seguito di Józef Bem (1794-1850), il generale polacco che dal novembre 1848 al marzo 1849 fa comandante in capo dell'armata ungherese di Transilvania e le cui fortunate operazioni militari nel 1848 liberarono l'intera regione dalle armate imperiali austriache. Il generale Bem, del quale Petófi diverrà amico ed ammi­ratore e dal quale sarà considerato come un figlio adottivo, nel gennaio 1849 nominò il poeta suo aiutante di campo, reintegrandolo per la stima che gli portava nel grado di ufficiale di cui era stato privato in seguito a dissidi col comando militare ungherese di Debrecen. Petófi avrebbe potuto ritirarsi in una tranquilla villa di campagna, lontano dagli avvenimenti militari, e scegliere come tanti altri l'esilio, in un momento in cui, per l'enorme disparità di forze
15) L'Apostolo >> (Az Apostol), poemetto scritto tra la fine dell'estate 1848 e la primavera del 1849, ita, p. 946 (trad. personale).