Rassegna storica del Risorgimento
ITALIA STORIA 1896-1900; STORIOGRAFIA ITALIA
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Anna Maria Isastia
Assai vario era poi il panorama delle forze moderate non rigidamente organizzate che andavano dai gruppi industriali del nord agli agrari del sud, legati gli uni e gli altri alla difesa di interessi settoriali ed incapaci di una visione politica più ampia quale invece dimostravano di avere la nuova borghesia industriale e la generazione degli uomini politici più giovani, tecnicamente e animi* nistrativamente ben preparati e completamente estranei allo spirito risorgimentale.
Le vecchie e le nuove forze, la superata realtà ottocentesca e quella nuova in divenire raggiunsero il punto di collusione negli anni che precedettero la fine del secolo. Coi tumulti del '98 non esplosero solo la miseria e la rabbia impotente di tanti emarginati, ma si rese evidente il malessere di parte della popolazione che si sentiva relegata al di fuori della vita politica, le cui esigenze venivano sistematicamente eluse e coartate dalla ristretta classe che deteneva il potere e che, grazie ad esso, poteva facilmente difendere i propri privilegi stroncando sul nascere ogni serio tentativo riformatore della cui necessità alcuni erano pur consapevoli. Basti pensare al progetto dell'imposta progressiva sui redditi di Giolitti o ai tanti contrastati programmi riformisti del binomio Luzzatti-Rudinì. Su questa realtà di fatto si innestava l'azione delle forze cattoliche e socialiste volte allo scardinamento degli ordinamenti esistenti e all'abbattimento dello Stato liberale.
Di fronte ai tumulti le consorterie si sentirono apertamente minacciate e invece di analizzare le cause che avevano condotto a questi sussulti di violenza irrazionale, ritennero di poter ricorrere impunemente ad una reazione indiscriminata processando, condannando, limitando le guarentigie di libertà garantite dallo Statuto, con lo scopo dichiarato di stroncare qualsiasi tipo di opposizione. Battaglia vana che, dopo una illusione di facile vittoria, portò invece al tracollo quella minoranza che aveva fatto quadrato, per difendere i propri privilegi, contro la maggioranza del paese.
Sarebbe stato Giolitti ad adottare la tecnica giusta: allargare progressivamente l'area del potere facendo proprie le istanze minime delle nuove forze, inserendole così lentamente nel sistema e neutralizzandone le spinte eversive più pericolose.
I governanti di fine secolo invece non si resero conto che la crisi era determinata dalla crescita politica e sociale del paese; lo stato di squilibrio era provocato dalla necessità oggettiva e improcrastinabile del passaggio da un liberalismo oligarchico ad un regime politico più aperto e progressivo. Attaccarono a fondo cattolici e socialisti tentando solo il recupero di quelle frange cattoliche moderate e conservatrici più facilmente assimilabili di fronte alla comune paura del pericolo rosso.
Questi anni di violente tensioni, culminati con un tentativo di aperta reazione, ebbero invece un risultato per molti inatteso. Tramontò la vecchia classe dirigente e il primo sintomo di questo mutamento lo si ebbe a Milano, dove, nelle elezioni amministrative del 1899, vennero sconfitti gli uomini della consorteria, quelli che maggiormente avevano premuto sul governo spingendolo a misure di rigore, e Palazzo Marino passò alla Sinistra. La tendenza venne confermata nelle elezioni generali politiche del 1900 che videro scemare di molto il numero dei seggi della vecchia maggioranza, a tutto vantaggio di quei gruppi politici che si erano opposti alle proposte reazionarie di Pelloux e di Sonnino. Ma la modifica del quadro politico andò ben al di là del risultato numerico. Nell'area moderata si defini meglio il distacco dei reazionari dai conservatori e questi si differenziarono più nettamente dai liberali legati a