Rassegna storica del Risorgimento

ITALIA STORIA 1896-1900; STORIOGRAFIA ITALIA
anno <1979>   pagina <61>
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Storiografia sulla crisi di fine secolo 61
determinato la caduta di Crispi nel 189673) appoggiando successivamente Rudinì. Ma la politica del governo non aveva corrisposto ai desideri della destra lom­barda i cui ambienti economici premevano per ottenere rigide economie sulla spesa pubblica mentre il ministero si era visto costretto ad aumentare le tasse per l'opposizione della corona ad una riduzione delle spese militari. A questo si era aggiunta l'accusa di tolleranza e di debolezza nei confronti dei partiti extracostituzionali cbe avevano dato dimostrazione di forza prima per i funerali di Felice Cavallotti poi per le celebrazioni del cinquantenario delle cinque gior­nate, terrorizzando i conservatori.7* Canavero sottolinea come la paura di pos­sibili tumulti crescesse in città di giorno in giorno alimentando uno stato di tensione sempre maggiore cui si accompagnava dall'altra parte un crescente disagio economico. Fatale che il più piccolo incidente degenerasse provocando una reazione a catena. Egli dunque non ha dubbi sulla spontaneità dei moti del maggio e sulla logica delle prime contromisure dell'autorità che vide un movi­mento rivoluzionario in quei tumulti che paventava da tempo. Pesanti invece le responsabilità di Rudinì che si lasciò impressionare dalle drammatiche noti­zie che da Milano gli comunicarono sindaco, prefetto e comandante del HI corpo d'armata al punto da dar corso alla richiesta, formulata dagli ambienti moderati attraverso Winspeare e Vigoni, di fare proclamare lo stato d'assedio.75) La maggiore responsabilità del presidente del consiglio sostiene Canavero sta proprio nell'essersi lasciato impressionare grandemente da tali notizie e nel non aver saputo valutare l'esatta portata dei dispacci che gli giungevano .76)
A nostro avviso, però, nel giudicare l'operato di Rudinì non si può prescin­dere da una esperienza drammatica da lui vissuta molti anni prima, che certo aveva lasciato una traccia nel suo spirito e che potrebbe aver contribuito a fargli dar corpo alle ombre e a condividere la paura dei moderati. Ci riferiamo alla rivolta di Palermo del 1866, che vide per quattro giorni gli insorti padroni della città, mentre le truppe e le autorità, compreso lui stesso, allora giovane sindaco, asserragliati in alcuni edifici, attendevano rinforzi. Per lo stesso motivo le misure anticlericali adottate dopo i moti potrebbero trovare una loro motivazione, anche e non da ultimo, nel lontano ricordo di quella sommossa istigata dal clero sici­liano. 77*
Proclamato lo stato d'assedio, i moderati milanesi seppero servirsene egre­giamente, al di là delle intenzioni del governo centrale, per annientare tutte le opposizioni trasformando la paura in desiderio di vendetta e soprattutto appro­fittando della favorevole congiuntura per annientare partiti, movimenti e orga­nizzazioni operaie che minacciavano l'egemonia della vecchia classe dirigente. Il movimento, iniziatosi spontaneamente, assumeva così una veste ben definita, ma in senso contrario e conservatore. L'offensiva condotta in un primo momento
73) Si veda FAUSTO FONZI, Crispi e lo a Stato di Milano , Milano, Giuffrè, 1965.
74> A. CANAVERO, Milano cit., pp. 155-156.
7S> C. Pinza ni ha dimostrato che le stesse pressioni c'erano state da parte degli am­bienti moderati, a Firenze (C. PINZANI, La crisi politica di fine secolo in Toscana cit., pp. 153-155).
TO A. CANAVERO, Milano cit., p. 176.
T7) Si veda sull'argomento FRANCESCO BRACCATO, // marchese di Rudinì, Francesco Bonafede e la rivolta del 1866, in Nuovi quaderni del Meridione, a. IV (1966), pp. 460-491. Un esame dei fatti, completato da una analisi del giudizio degli storici sulla rivolta di Palermo del settembre 1866 in S. MASSIMO GANCI, L'Italia antimoderata. Radicali, repub­blicani, socialisti, autonomisti dall'Unità a oggi, Parma, Guandn, 1968, pp. 13-47.