Rassegna storica del Risorgimento
ITALIA STORIA 1896-1900; STORIOGRAFIA ITALIA
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1979
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64 Anna Maria Isastia
che doveva operare in una società in trasformazione e, se avversò l'ascesa dei partiti di massa, tentò anche di rendere la classe dirigente pia consapevole dei suoi doveri oltre che dei vantaggi che le derivavano dalla posizione egemonica di cui godeva.
D'altra parte Rudinì si trovò a governare in una posizione costantemente instabile, senza potere mai contare su una valida maggioranza e senza riuscire a coagulare intorno a sé quelle forze che avrebbero potuto consentirgli di dar vita ad un saldo partito conservatore cui mirò inutilmente. All'inizio del suo primo ministero dovette tener conto dell'ostilità del re e della maggioranza crispina della Camera; successivamente il governo, per il piano di riforme approntate e per l'immissione di Zanardelli nella compagine ministeriale, finì col perdere progressivamente l'appoggio della destra senza, però, guadagnare simpatie a sinistra.
Si ha la sensazione di una mancanza di coerenza politica in Rudinì in con* seguenza del suo equilibrio sempre precario per cui egli si mosse ora in una, ora in un'altra direzione, spinto da motivi contingenti quali il desiderio di una alleanza o la necessità di appoggiarsi ad un certo gruppo di pressione. Ma i risultati di tali ondeggiamenti non furono positivi.
I progetti di riforma per le elezioni amministrative, in funzione chiaramente antisociali sta e anticlericale, non bastarono a far accettare ai gruppi dirigenti del nord i progetti di riforma agraria e tributaria. Altro motivo di ostilità derivava al governo dai suoi interventi in favore delle classi lavoratrici attraverso i quali si dava inizio ad una legislazione sociale. Era, quello di Rudinì, un riformismo di stampo illuministico che incontrava, però, la netta opposizione degli ambienti imprenditoriali secondo i quali tutti gli sforzi del governo dovevano essere tesi a favorire lo sviluppo dell'industria e non i settori più arretrati dell'agricoltura meridionale; appariva impensabile che si creassero obblighi ai datori di lavoro nei confronti degli operai.
In questa situazione, cui si aggiungeva da parte di quegli stessi gruppi l'accusa al governo di debolezza verso i partiti sovversivi , si giunse al maggio del '98 quando Rudinì, per conservare il potere, fu costretto ad appoggiarsi alle consorterie facendo proprie le loro esigenze. Per Belardinelli dunque siamo ben lontani da quel disegno organico di reazione che appare chiaro, invece, a una parte della storiografia anche se egli sottolinea come premeva su di lui [Rudinì] ... la necessità... di dover rispondere non a forze che rappresentavano tutta la società, ma a un potere fuori della società (il re) e a un corpo politico e a un'opinione pubblica che erano in assoluta prevalenza espressione di una parte ristretta . 87>
Per quanto concerne i cattolici, Belardinelli ritiene che le misure contro di loro furono più generalizzate di quelle contro socialisti e repubblicani, e furono prese a freddo per suscitare consensi verso l'opera del governo e salvarlo da una crisi che appariva scontata. Con l'azione anticlericale si offriva a Zanardelli l'alibi di una repressione realmente equanime contro tutti i nemici delle istituzioni liberali >M) e si appoggiava l'opera di intimidazione nei confronti dei cattolici intransigenti richiesta dai moderati, da tutti gli uomini d'ordine
Rosst-Doria nel suo primo articolo sull'argomento, ANNA GINZBURG ROSSI-DOMA, A proposito del secondo ministero di Rudinì oit.
87) M. BELARDINELLI, Un esperimento cit., p. 348.
88) Ivi, p. 868.