Rassegna storica del Risorgimento
GIORNALI MOSTRE; ISTITUTO MAZZINIANO DI GENOVA PERIODICI
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1979
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71
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I "periodici dell'Istituto mazziniano di Genova 71
meramente conformistico, a strumento del potere. Nel nostro Risorgimento ogni impresa giornalistica è l'interpretazione di un'istanza mossa verso la libertà di pensiero. Il giornale, già nell'ultimo decennio del Settecento, appare agli uomini impegnati nella politica e nella cultura come un veicolo di incalcolabile portata per la divulgazione delle nuove idee democratiche; il foglio a stampa è visto come la bibbia dell'uomo moderno, sorto con la Rivoluzione. Il giornale deve prendere il posto del pulpito: è questa la parola d'ordine che i giacobini tramandano al di là del cesarismo napoleonico e che gli uomini delle cospira* zioni erediteranno. II giornale nell'età del Risorgimento è il nemico numero uno dei governi assoluti, è la forza dei patrioti e dell'Italia in esilio, è la sfida al dispotismo, alle cancellerie, alle polizie: percorre nei modi più strani le vie più segrete, raggiunge uomini lontani e li avvicina idealmente. È il giornale che si fa messaggio del liberalismo patriottico, che recherà poi la novella del verbo mazziniano, che è censurato, sequestrato, soppresso dai governi guardinghi e diffidenti.
Già nel 1831, nel Manifesto della Giovine Italia, Mazzini sa interpretare la grande funzione del giornalismo per il suo apostolato politico; nel 1836, nel saggio Sulla missione della stampa periodica, metterà a fuoco alcuni temi fondamentali, relativi a quello che veniva definito il quarto potere.23* Negli stessi anni lo scettico Leopardi rivela la propria insofferenza per il veloce moltiplicarsi delle gazzette, nelle quali scorgeva un pericolo di non poco momento per la quiete umana.24)
IL nostro giornalismo ottocentesco, quando vive in un clima di libertà, è spontaneo, fiorisce dal sentimento: letterati e culturalisti diventano redattori. Non esiste una classe giornalistica professionale ma il giornalista improvvisatore, che scrive dapprima per i ceti privilegiati ma che sa gradatamente rivolgersi a settori sempre più larghi dell'opinione pubblica. È una vocazione giornalistica di studenti, di avvocati, di letterati, di direttori di opifici come Lorenzo Valerio, di benestanti, di esuli. Sono uomini che, attraverso l'esperienza giornalistica, consolidano la propria dottrina politica e la propria cultura umanistica e non pochi di essi offrono ai giornali la misura di se stessi e la prova del loro valore. Scrivono per i quotidiani storici come l'Amari, economisti come il Ferrara, giuristi come il Mancini, letterati come il De Sanctis.
Il Risorgimento stringe il rapporto tra cultura e società attraverso il giornale, perché nulla più della circolazione della stampa manifesta il livello culturale di un popolo. L'affermazione del giornale nella società italiana è stata faticosa: analfabetismo e miseria vi si opponevano; era una vita dura per giornalisti e per giornalai ed è emblematico l'aneddoto riferito dal Tommaseo di quel venditore ambulante di giornali che rispose ad un tale: Che cred'ella?; costa oggi più fatica a vendere un giornale che a scriverlo! . Il giornalista lavorava allora con la penna, con le forbici, col pennello della colla. Era un giornalismo di battaglia che nasceva in tipografìe piccole, dove il redattore era costretto, per fare in tempo, a scrivere il suo articolo sul banco del proto. Gior-
22) Cfr. GIUSEPPE MAZZINI, Scrìtti editi ed inediti, ediz. naz., voi. II, p. 76. a) Cfr. GIUSEPPE MAZZINI, S.E.I., voi. VII, pp. 237-265.
24) Qfr, di Giacomo Leopardi il canto a Palinodia al marchese Gino Capponi ,
vv. 145-153.
25) Cfr. NICCOLÒ TOMMASEO, Dizionario dei sinonimi della lingua italiana, completamento riveduto ed aumentato da Giuseppe Rigatini, Milano, 19574, p. 455.