Rassegna storica del Risorgimento

ALBANIA RELAZIONI CON L'ITALIA 1884-1911; GARIBALDI RICCIOTTI C
anno <1979>   pagina <474>
immagine non disponibile

474
Libri e periodici
ficadvo raccordo con gli studi classici del Rodolico, del Codignola, del Ruffini, del Vaussard, dello Jemolo.
Chi voglia documentarsi a fondo veda a tal proposito l'ottima rassegna bibliografica a cura di F. Margiotta Broglio in Raccolta di studi in onore di A. C. Jemolo , Milano, 1962, voi. I, che da un certo punto di vista è esemplare.
Questo agile succoso volume della Zingale prende in considerazione il giansenista lombardo Gaetano Giudici, che operò nell'ultimo decennio del XVIII secolo cioè nel mo­mento cruciale dei grandi dibattiti politici, ideologici e sociali.
Formatosi nell'ambito della grande scuola pavese di Tamburini e Zola, egli èra più teologo che politico e vide nelle grandi trasformazioni in atto in Francia, nell'89, e poi in Europa, una grande occasione per ritrovare una nuova spiritualità, secondo i genuini principi cristiani, cosi come ritenevano i preti costituzionalisti francesi e soprattutto i giansenisti lombardi, piemontesi, toscani e liguri suoi amici (possiamo citare nomi famosi: il Degola, il de Ricci, il D'Allegre, il Vejluva).
Più che condannare il dispotismo, come credettero di fare cattolici di sinistra come il Ranza, il Barrali ed altri, egli si dichiarava disponibile ad accettare taluni mutamenti istituzionali di fondo, purché non impedissero la libertà della persona umana, cioè princi­palmente la scelta cristiana.
La sciocca accusa del Bolgeni, che poi derivava dalle tematiche dello Spedalieri, sulla presunta identità politica tra giacobini e giansenisti era, come si vede, priva di fon­damento.
Non c'era niente in comune tra gli scritti del Tamburini e del Giudici, così misurati e così, spirituali, e quelli degli autentici giacobini ispirati da un rousseaunianismo di ma­niera e dai saggi di Helvetius e Mably.
Certo vi fu una cauta collaborazione con gli organi rappresentativi del Triennio cisalpino ispirato dalla preoccupazione di non lasciare mano libera ai demagoghi e di con­ciliare i nuovi principi democratici con quelli cristiani, nel segno di un a servizio dovuto alla collettività.
Ma non si può parlare di una vera ideologia cattolico-democratica, a meno che non si interpretino taluni brani di opere e taluni atteggiamenti politici in modo superficiale. Naturalmente questo, guardando l'argomento dall'altro versante, è anche un limite politico dei giansenisti italiani, i quali non credevano in un sistema di gestione del potere dal basso, nella regola della maggioranza e nella -volontà generale , né nei diritti di natura. Così si possono ben spiegare talune indulgenze successive di giansenisti, come il D'Allegre ad esempio, verso il cesarismo napoleonico piuttosto che verso le Repubbliche giacobine. Gli scritti numerosi del Giudici sull'apologia della dottrina cattolica, depurata dal vassallaggio eccessivo verso la Curia romana, specie quello ben noto sopra l'articolo 355 che introduceva nella Cisalpina la libertà di culto, sono tutto sommato non contra­stanti con il nuovo corso politico esistente dapo il 1798, decisamente moderato.
L'ambiente accademico pavese era in tale data dominato dal moderato Alpruni, dal saggio Mascheroni, dal radicale Rasori, dall'autorevole Moscati, dal patriottico Barletti, più che dal maestro Tamburini, palesemente non interessato al nuovo regime cisalpino.
Il Nostro, pur condividendo gran parte degli ideali che ispiravano quest'ultimo, con ogni probabilità non fu all'inizio del tutto insensibile alle motivazioni diverse che erano alla base dell'atteggiamento politico degli altri, sia pure con le già ricordate riserve men­tali.
Mi permetterei a questo punto di segnalare all'autrice del saggio una mia pubblica­zione, pur non ricordata nelle note, che ha cercato di scavare in modo sintetico proprio in quell'ambiente giacobino pavese. Si tratta dei due volumi di e Pavia cisalpina e napo­leonica (1796-1814) - La goliardica pavese editrice, 1975 - che tra l'altro riportano al­cune lettere di giansenisti finora inedite e diari di personaggi coevi (cfr. recensione di R. Giusti nella Rassegna, 1976, pp. 493-494).
Del resto il contributo della Zingale si presenta denso di riferimenti bibliografici, ben documentato, interessante soprattutto per l'intelligente interpretazione della figura del Giudici*
GIANFRANCO E. DB PAOLI