Rassegna storica del Risorgimento
ALBANIA RELAZIONI CON L'ITALIA 1884-1911; GARIBALDI RICCIOTTI C
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1979
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Libri e periodici
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PASQUALE VILLANI, Italia Napoleonica; Napoli, Guida, 1978, in 8, pp. XII-188, L. 5.000.
Il momento più significativo della storia italiana del Sette-Ottocento, dal riformismo illuminato alla Restaurazione, è forse rappresentato dall'età napoleonica quando si realizza la trasformazione delle istituzioni politiche ed amministrative e si avvia la formazione di una società e borghese e di una economia capitalistica. Sulle caratteristiche della nuova società, sull'ampiezza degli spostamenti nella distribuzione della proprietà fondiaria, sulle conseguenze del blocco continentale (cioè su quelle che, con la creazione della burocrazia statale e l'ascesa della borghesia sono le più grosse questioni), è tuttora aperto il discorso: i risultati raggiunti e i problemi ancora insoluti sono illustrati da Pasquale Villani in una serie di saggi che abbracciano l'Italia in generale, con più approfonditi riferimenti al Mezzogiorno.
Le pagine sulla vendita dei beni dello Stato e sui suoi riflessi economici inducono ad una serie di considerazioni. Innanzi tutto è evidente la difficoltà di un discorso globale per la penisola: incameramento ed alienazione dei beni della Chiesa si realizzano in momenti diversi e con modi e risultati non sempre simili nei vari Stati. Quindi, se possiamo considerare acquisito che non ci fu una ridistribuzione radicale e rivoluzionaria della proprietà, che il complesso dei beni incamerati non superò il 10 della proprietà totale (e una parte di essi non andò ai privati, ma gli edifici, per esempio, furono generalmente utilizzati dalle amministrazioni statali), che una percentuale notevole dei beni messi in vendita andò alla nobiltà ed alla borghesia già ricca, viceversa dati precisi sull'entità dei lotti venduti, sul numero e sulla estrazione degli acquirenti, sul movimento dei capitali l'abbiamo solo per zone ristrette. Ugualmente non abbiamo dati precisi su un eventuale rinnovamento delle culture e dei metodi di coltivazione: da una parte nell'età considerata l'agricoltura potè giovarsi di una domanda sostenuta e dell'ampliamento dei mercati, dall'altra nello stesso periodo ci fu carenza di capitali e quindi difficoltà di investimenti nel settore agricolo.
In una visione generale della vita economica è ancora più evidente la necessità di un discorso articolato per settori (seta, lana, cotone) e per regioni, ma. si impone anche l'urgenza di ulteriori accertamenti sulle condizioni dell'industria italiana nel Settecento, alla vigilia degù' sconvolgimenti determinati dalla rivoluzione, nonché, per l'età napoleonica, di un inquadramento della produzione industriale nell'ambito del sistema continentale, che impone scelte obbligate ed influisce sulle economie regionali con sollecitazioni positive o negative che vanno individuate caso per caso.
L'esempio del Mezzogiorno dimostra che non basta la buona volontà dei governanti per far decollare l'economia arretrata di un paese povero. Villani, in un ampio saggio dedicato al Sud nel Decennio, parte dallo sfacelo dell'ancien regime, ridimensiona l'importanza dei risultati conseguiti sotto il regno di Giuseppe, in cui in realtà si posero le basi dell'opera sviluppata più proficuamente dal Murat, fissa intorno al 1810 il momento in cui pare che nel paese possa considerarsi stabile ed accettato dalla maggioranza il nuovo regime, ricorda il complesso dei provvedimenti attuati (nuovo ordinamento deU'amministrazione centrale e periferica, eversione della feudalità, sviluppo della vita nelle province, ripristino dell'ordine pubblico).
I risultati sono inferiori all'impegno profuso. Villani non si limita a ricordare le difficoltà che nascono dalla povertà del paese, dallo scarso appoggio che può dare al governo la debole borghesia, dalla mobilitazione di risorse per la guerra ed il brigantaggio: egli si richiama con insistenza al quadro internazionale ed alla politica di Napoleone, il quale, con palese contraddizione, da un lato introduce negli Stati satelliti le istituzioni e la legislazione francesi, lusingando e stimolando lo spirito nazionale e le aspirazioni liberali, dall'altro tratta come vassalli i sovrani da lui nominati, pretende di subordinarne gli interessi alla sua politica di potenza e di preminenza, sfrutta le risorse dei paesi soggetti per assicurare lo sviluppo della Francia.
Di qui, per esempio, le vere ragioni del contrasto tra Murat e Napoleone, la resistenza alle imposizioni francesi da parte dei governanti napoletani, i loro tentativi di sottrarre l'economia del regno all'asfissia del sistema continentale, aprendo contatti commerciali indiretti con l'Inghilterra.