Rassegna storica del Risorgimento
ALBANIA RELAZIONI CON L'ITALIA 1884-1911; GARIBALDI RICCIOTTI C
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Libri e periodici
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SALVATORE TARTUFERI, Diario maceratese (1794-1817), a cura di MARCELLO SCATTONI; Macerata, tip. S. Giuseppe, 1979, in 8, pp. 112. S.p.
Dall'autografo conservato nella Biblioteca comunale di Macerata, il libraio Marcello Sgattoni ha ricavata questa pubblicazione, nella quale ha aggiunto solamente un utile indice alfabetico dei soggetti notevoli, ma ha modificato il titolo originale, che è: a Memoria sopra il passaggio di tutte le truppe passate in Macerata, ed altri fatti successi nella medesima città . E di fatto l'argomento più trattato è il passaggio di truppe, di cui vien data l'origine e la destinazione, la consistenza e l'attrezzatura; ma notizie preziose vi sono pure sugli Insorgenti, sul saccheggio e sulle distruzioni e stragi fatte dai Francesi nel 1799, sulla battaglia di Tolentino del 1815, sulle soppressioni di istituzioni religiose, su varie feste religiose e civili per gli arrivi delle autorità, sui misfatti che di regola accompagnano la presenza di soldati, sulla sommossa maceratese del 1817. La grammatica zoppicante e qualche errore di stampa e non complicano un pò* la lettura; ma è una cronaca importante per la storia marchigiana, e certe descrizioni sono anche piacevoli.
ALDO ADVERSI
CARMELO TURRISI, La diocesi di Oria nell'Ottocento. Aspetti socio-religiosi di una diocesi sul Sud 1798-1888 (Analecta Gregoriana, voi. 214, Series Facultatis Historiae Eccle-siasticae: Sectio B, n. 32); Roma, Università Gregoriana, 1978, in 8, pp. XLII-421. L. 12.000.
Oria è uno dei numerosi centri, abitati prevalentemente da agricoltori, posto nella provincia di Brindisi; sede di una diocesi 'modesta secondo il moderno metro di giudizio, ma non con quello del Settecento napoletano, che ne annoverava di inferiori al migliaio di abitanti, soppresse col Concordato del 1818. Scopo di questo volume è di esaminare la storia di una zona periferica d'Italia, priva di centri importanti, alla luce dei grandi mutamenti che avvengono sulla scena meridionale, da Fra' Diavolo a Garibaldi.
L'autore, Carmelo Turrisi, è un padre Passionista, paziente indagatore della sua terra, che ha svolto un lavoro veramente a tappeto per illustrare in tutti i suoi aspetti la storia della diocesi. Cosi dagli archivi parrocchiali a quello capitolare, a quello di Lecce (capoluogo della Terra d'Otranto) a quello del Regno in Napoli, fino all'Archivio Segreto Vaticano, tutto ha esplorato, senza contare la aggiornata ed abbondante bibliografìa sulla Puglia e sulla religiosità post-tridentina in particolare. Cosa appare da questo lavoro? L'immagine di una Chiesa meridionale statica, imperniata sulle chiese ricettizie, cioè private, legate al patrono per lo più laico. Erano le università o i comuni i principali patroni delle chiese della diocesi, ma anche principi e benestanti, e a volte anche i capitoli delle chiese. Il clero, più che al proprio vescovo, era ligio al proprio patrono (p. 117).
Un clero, che si opponeva alla moltiplicazione delle parrocchie, per non diminuire i già modesti benefìci, teso a conservare più che ad animare, pronto a reclamare per la violazione dei propri diritti. I vescovi, per lo più Regolari, animati da sincero zelo ma ostacolati dalla fitta rete di interessi costituiti, che avevano per motto: officium propter beneficium , ed impotenti a rimuoverla. In questo la politica borbonica mirava a mantenere in vita un tipo di Chiesa controllata, nella quale sostenere i diritti dei privati di fronte a quelli della curia romana e dell'episcopato, con evidente detrimento sul piano pastorale. Il giudizio complessivo dell'autore sul clero oritano dell'epoca è abbastanza negativo, anche se il quadro particolare non si discosterebbe molto da quello generale del Sud. II Turrisi ne enuncia le cause, individuate soprattutto nella cronica scarsità di occupazione per il Mezzogiorno, e la caccia al posto sicuro, oltre ai rivolgimenti politici, che lasciarono la diocesi a lungo senza guida. In condizioni analoghe si trovavano i conventi di frati, a differenza di quelli femminili, che presentavano un maggior numero di sincere vocazioni. Una Chiesa perciò che risultò improvvisamente impoverita dalle misure governative, e soprattutto impreparata ad affrontare le grandi novità del sec. XIX, ed un nuovo tipo di società nella quale la religione ed in ispecie i suoi aspetti istituzionali non esercitavano più un ruolo centrale.