Rassegna storica del Risorgimento
ALBANIA RELAZIONI CON L'ITALIA 1884-1911; GARIBALDI RICCIOTTI C
anno
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1979
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pagina
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481
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Libri e periodici 481
Altro caso, insistito e fisso, è quello in cui, dando una ragione esclusivamente economica ai moti contadini e alle agitazioni operaie, Pedio avvilisce le forze ingenue nate dal popolo, che trascinate dall'entusiasmo e dall'esempio offerto dai patrioti e dai politici, impegnati negli ideali nazionali, te conferiscono un tono caldo di passione, anche se talvolta lo fanno deviare per eccesso d'impulsi dagli obbiettivi serenamente concepiti dai più coscienti .
Pedio, poi, pare calcolare il fatto che a proprio tra quelle forze di popolo si raccolgono i volontari della Belgioioso, i soldati che combatterono col Pepe a Venezia, gli oscuri che affolleranno le prigioni borboniche ,
Pur dedicando un intero capitolo alle manifestazioni avutesi nelle diverse province per la concessione della Costituzione del 29 gennaio, Io studioso lucano le commenta con la sottile riserva mentale che pochi compresero il valore ed il significato del provvedimento sovrano , mentre lascia trasparire la sua simpatia e il suo appoggio per i radicali, tra i quali si distinguevano, lo ricorda Moscati, uomini generosi ma avventati tipo La Cecilia e Carducci, che non sapevano essi stessi cosa volessero . E questi sono soltanto alcuni esempi degli spunti critici offerti dall'esauriente articolo di Moscati.
H volume di Pedio, però, nonostante su di esso possa esser fatta cadere la dura condanna metodologica contro la storiografia di indirizzo marxistico, pronta sempre a cercare le responsabilità da processare, pronunziata da quel ferratissimo storico meridionale, che è Virgilio Titone, merita di essere esaminato per il suo discreto livello informativo e soprattutto per il vasto lavoro di scavo archivistico compiuto dall'autore secondo la meritoria abitudine ormai consolidata. Per quanto riguarda il livello informativo, va notato, comunque, che esso in qualche caso finisce con l'essere sovrabbondante e dettagliato fuori misura.
Aperto da un capitolo sulla condizione degli Stati italiani dopo il Conclave del 1846, il libro delinea ed analizza la situazione politica ed economico-sociale a Napoli e nelle varie regioni, soffermandosi in diverse riprese, con interesse oltremodo spiccato, sulle iniziative popolari e sullo stato delle popolazioni. Sono esaminate logicamente anche l'azione e le realizzazioni dei tre governi costituzionali, succedutisi al potere dal gennaio al maggio 1848, con un giudizio d'assieme, tutt'altro che lusinghiero e lontano dal rilevare quella circostanza condizionante quanto mai consistente, indicata obiettivamente da Nino Cortese, e cioè la oc breve vita dei due ministeri Serracapriola e di quello presieduto da Carlo Trova.
Concludendo, Pedio ripercorre gli avvenimenti che condussero alla fatale rottura del 15 maggio, affidandosi quasi esclusivamente alla cronaca, polemica ed unilaterale, del radicale Petruccelli della Gattina, ostile ai liberali, i soli realisticamente in grado, tramontata l'illusione costituzionale, di avviare una decisa politica antiborbonica. Non è quello delle pagine finali, l'unico caso in cui il corredo bibliografico sia piuttosto lacunoso. Ad esempio, nel rammentare il contrasto fra Regno ed Inghilterra sulla questione dello zolfo siciliano, non menziona il notevole contributo di Vincenzo Giura sull'argomento; nel trattare delle repressioni in Calabria ed in Sicilia nel 1847, usa un'opera, ormai invecchiata, del 1908 e non riprende altri due testi, altrove utilizzati, quali quelli di Spellanzon e Visalli; nell'esaminare la posizione dei liberali napoletani durante la fase decisiva del 1848, si serve, a fondamento della sua critica, di un semplice articolo, risalente all'ormai lontano 1926, e passa sotto silenzio il volume di De Donato, rammentato da Croce nella Storia del Regno di Napoli; nell'indi care le opere sulle società economiche, ignora quella ben costruita e assai recente di Anna Dell'Orefice sull'ente più importante, il Reale Istituto d'Incoraggiamento di Napoli.
Pedio, occorre riconoscerlo, è autore largamente prolifico ed ha trasfuso in questo lavoro molti suoi precedenti articoli e volumi, citandoli cosi diffusamente da dimenticare altri contributi, magari di contenuto difforme. È il caso dell'esame sui limiti della carta costituzionale, concessa dal sovrano borbonico, in cui ricorda soltanto una propria pubblicazione e non accenna a quelle, almeno ugualmente cospicue, di De Ruggero, Sforza e Nino Cortese.
Perplessità su problemi di fondo nascono, inoltre, dalla lettura di molti brani o di molte affermazioni: limitiamo l'esame all'essenziale.