Rassegna storica del Risorgimento

ALBANIA RELAZIONI CON L'ITALIA 1884-1911; GARIBALDI RICCIOTTI C
anno <1979>   pagina <487>
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italiana, e condizionata largamente dagli atteggiamenti francesi e inglesi, oltre che dalle decisioni della S. Sede, è da dire che i primi progetti di accordo del Pantaleoni, le proposte francesi e l'invito alle trattative, la collusione tra la corte di Roma e la reazione borbo­nica, la politica legittimista della S. Sede, i contatti e i tentativi di mediazione scandi­scono il procedere degli eventi e delle iniziative e registrano la cautela del Cavour e di Pio IX; verso la fine del 1860 poi la questione veneta, la cui soluzione toccava da vicino varie potenze in Europa, veniva a complicare una situazione già abbastanza difficile sotto u profilo diplomatico. Procedendo analiticamente all'esame dei documenti diplomatici, editi e inediti, all'esposizione di tutti i momenti nodali delle trattative (condotte dal Pan­taleoni, dal Passa glia, dal p. Molinari, dall'avv. Bozino ecc.), l'autore delinea i motivi della disponibilità o della resistenza papale, le perplessità francesi, il mutare della situazione dopo la resa di Gaeta o la questione di Rieti, il favorevole atteggiamento inglese ed infine il carattere peculiare del progetto Minghetti: <t che prevedeva la rinunzia al potere tempo­rale da parte del Pontefice al quale si riconoscevano beni stabili, una rendita annua e, se l'avesse richiesta, anche la città Leonina. Gli si concedeva ampia libertà negli affari spirituali e garanzie per il clero e per l'elezione dei vescovi (p. 70). Passando attraverso periodi di schiarita, di incertezza o di irritazione presso la corte papale (specie dopo la pubblicazione della brochure La France, Rome et l'Italie ), il corso delle trattative non si avviava però ad mi esito favorevole, mentre si susseguivano discussioni e proposte intorno alle possibili soluzioni che coinvolgevano il permanere o meno del potere tempo­rale, i cattolici francesi e la politica di Napoleone III, l'istituto del Vicariato ecc.; gli in­tralci poi creati dall'intrecciarsi delle trattative (Pantaleoni, Passaglia, Bozino), il defini­tivo rifiuto di negoziare da parte della S. Sede, i discorsi di Cavour alle Camere su ce Roma capitale (marzo-aprile 1861), gli ultimi contatti e progetti (anche in vista del riconoscimento del Regno), le ripercussioni infine nell'opinione pubblica in Francia, Inghil­terra ed Italia caratterizzano la fase finale delle negoziazioni prima della morte del Cavour che lasciava cosi in eredità al suo successore, il Ricasoli, un problema ancora aperto. H tentativo cavouriano, nonostante il fallimento, meritava dunque un'analisi attenta e circo­stanziata in sede storica come quella proposta nel suo volume dal Tedeschi sulla base di una documentazione di prima mano.
RENATO GIUSTI
LUCIANO SAREGO, Reazione e brigantaggio nel Cicolano (1860-1867), con una presenta­zione di Franco Gaeta; Rieti, Editrice Il Velino , 1976, in 8, pp. 252. L. 10.000.
Il titolo di quest'opera puntualizza efficacemente i due aspetti più virulenti della Questione meridionale post-unitaria, così strettamente connessi da far pensare ad un'en­diadi. E nel primo periodo, quello a cavallo dell'inverno 1860*61, come diffusamente dimo­strò per tutto il Sud Franco Molfese nella sua ormai classica opera, veramente si può par­lare di endiadi. Anche nel Cicolano. Anche in questa estrema propaggine del Regno e del­l'Abruzzo Ultra Primo (poi passata nel 1927 alla provincia di Rieti), ricca di boschi e non lontana dal confine del residuo Stato Pontificio la propaganda borbonica fece buona presa: aizzati dal clero e dai proprietari terrieri insorsero numerosi popolani; ma i moti conta­dini non avrebbero assunto in alcuna occasione, nemmeno nei saccheggi più violenti e nelle intenzioni di u massacro ", il carattere di ribellione ad uno stato sociale preesistente a (p. 15). Due le vampate reazionarie, nell'ottobre-novembre 1860, su istigazione del generale borbonico Lagrange, e nel febbraio 1861. I capomassa riuscirono a raccogliere 2.000 se­gnaci male armati, che facilmente si sbandarono di fronte al deciso intervento dell'esercito regolare, senza resistenza. Me mentre il Sarego illustra minutamente le azioni delle masse reazionarie, è molto più laconico nel seguire i movimenti dei piemontesi .
Se il fenomeno della reazione borbonica si esaurisce colla proclamazione del Regno d'Italia (almeno in quest'area), non per questo scompare l'endemico brigantaggio. Si tra­sformano i connotati: dal 1864 diventa fenomeno addirittura stagionale; infatti al ceder del­l'autunno i briganti varcarono il confine dello Stato Pontificio, lavorando come pastori e braccianti nell'Agro Romano, per poi ricostituire le bande sui monti di Tornimparte nella