Rassegna storica del Risorgimento
ALBANIA RELAZIONI CON L'ITALIA 1884-1911; GARIBALDI RICCIOTTI C
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Libri e periodici
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tre legazioni e la storia del movimento antiunitario nei tre antichi ducati, come fatto politico interno e come episodio di qualche rilievo sul piano dei rapporti diplomatici fra Italia e Austria (pp. 16, 17).
Concludono il lavoro, che è stato condotto nell'Archivio di Stato di Vienna (Haus, Hof-und Staatsarchiv, Wien; Politisela es Archiv; Administrative Registra tur), nell'Archivio di Stato di Modena ed in quello di Parma, la bibliografia e l'indice dei nomi.
FABRIZIO MARINELLI
ALDO ALBONICO, La mobilitazione legittimista contro il Regno d'Italia: la Spagna e il brigantaggio meridionale postunitario Milano, Giuffrè, 1979, in 8, pp. 402. S.p.
Come ben nota Fautore nella premessa, oc se un rinnovato interesse della storiografia per il grande brigantaggio postunitario, manifestatosi specie da un quinquennio a questa parte, ha permesso non senza eccessive forzature ideologiche, a volte di lumeggiare le cause sociali di quella rivolta, poca attenzione è stata invece dedicata all'aspetto internazionale del fenomeno, tanto che le conoscenze sull'argomento sono rimaste per lo più ferme a quel poco che sul tema scrisse la pubblicistica coeva .
Da questa ben precisa esigenza nasce il volume dell'Albonico, contrattista presso l'istituto di studi storici dell'Università di Milano ed appassionato studioso di storia iberica, certamente utile sia nel quadro della storiografia del brigantaggio postunitario, sia in quello dei rapporti tra Spagna e Regno d'Italia nei primi dieci anni dell'Unità.
Il lavoro si basa su una complessa ricerca archivistica, svolta nell'Archivio Borbone di Napoli, negli archivi dei ministero degli esteri di Roma e di Madrid, neWArchivio Histo-rico Nacional e neWArchivio de Palacio di Madrid, nell'Archivio segreto vaticano, in quello di Stato di Torino ed in quello Gamba di Bergamo. Una ricerca talmente ampia che ha portato l'autore, a volte, a scendere sin troppo nei particolari, perdendo di vista le linee essenziali del discorso. Fatto questo non sfuggito allo stesso autore che, da un lato, se ne scusa, ma dall'altro si giustifica rettamente con la necessità di una indagine il più possibile approfondita, onde affrontare globalmente i vari problemi, a differenza della precedente pubblicistica.
Ed in effetti, in questo senso, può affermarsi che l'opera dice una parola definitiva sull'argomento.
Il lavoro merita dunque un'attenzione considerevole, sia per la validità delle considerazioni, sia per la inoppugnabile documentazione prodotta dall'autore: il legittimismo ed il carlismo, la politica spagnola, la resa delle ultime piazzaforti borboniche di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto, gli ultimi generali borbonici, il brigantaggio e la conseguente politica dei primi Governi del Regno d'Italia si colorano di toni diversi da quelli della gran parte della storiografia recente e contemporanea, sbrigativa nella condanna di un movimento superficialmente e sbrigativamente definito reazionario .
H saggio dell'Albonico inizia con un esame del legittimismo armato per passare poi all'impresa di Borges, alla guerriglia sul confine pontificio, all'azione di Tristany, alle ultime speranze napoletane sino alla guerra del 1866 ed alla conseguente fine della reazione. Pochi anni, ma densi di avvenimenti ed importanti per comprendere alcuni successivi sviluppi dell'azione del Governo italiano oltre che delle relazioni tra la Spagna e l'Italia.
Si prenda ad esempio l'impresa di Borges, che nell'autunno del 1861, tra intrighi internazionali e personaggi ambigui quali Bermùdez, risale l'Italia meridionale a capo di una quarantina di uomini dalle più svariate provenienze e dopo una serie di collegamenti con bande di briganti o di insorti viene definitivamente sconfitto ed ucciso nei pressi di Tagliacozzo in Abruzzo.
Proprio questa impresa servirà all'autore per chiarire il proprio pensiero sul brigantaggio, ed in particolare sul fatto che una posizione ce attendista e cauta dei briganti nei confronti di Borges non sottintendeva una mancanza di buona fede, bensì rispecchiava la volontà della maggior parte dei cafoni di rimanere nelle zone conosciute, e combattere