Rassegna storica del Risorgimento

COMITATO LATINO DI PARIGI; MONTANELLI GIUSEPPE
anno <1980>   pagina <8>
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8 Giuseppe Motisagrali
un ex affiliato della Giovine Italia, deputato della sinistra subalpina da qualche mese conquistato dalle tesi della Federazione repubblicana di Giuseppe Fer­rari? Perché Moja, che è membro della direzione del torinese Progresso, può offrire qualcosa di importante come l'appoggio di un giornale: Montanelli non può sapere che l'ascesa recente di Cesare Correnti ha mutato gli equilibri del giornale, aprendo quel dissidio con gli esponenti di una linea di sinistra che presto porterà alla cessazione delle pubblicazioni,M) e si rivolge ad un espo­nente del solo quotidiano che in Italia tratti in quel momento i temi della Sini­stra senza essere direttamente controllato da Mazzini.
La risposta di Moja, che probabilmente si recò a Parigi, non si fece attendere anche perché non era affatto di Moja, cui pure è stata attribuita: in realtà nelle Carte Depretis, accanto al testo di adesione al Comitato lamennaisiano, testo firmato da Moja in rappresentanza d'un fantomatico Comitato democratico ita­liano con sede a Torino, c'è una minuta dell'indirizzo che è indubbiamente di mano di Montanelli. Moja ebbe dunque solo il disturbo di copiare la prosa mon-tanelliana. Il che, evidentemente, toglie a questo atto, considerato lo scopo a cui esso doveva servire, anche quel poco di spontaneità che poteva avere dopo la sollecitazione che l'aveva provocato.
In questi mesi, e più ancora in quelli che verranno, il fucecchiese stava maturando il convincimento che, come scriverà più tardi nella prefazione alle sue Memorie sull'Italia una delle peggiori strategie, per redimersi dalla oppres­sione, è quella che pone il centro della attività, ordinata a riscatto, fuori del paese oppresso .Xì Pur cogliendo uno dei limiti maggiori dell'azione politica di Mazzini, questa osservazione diventava inaccettabile ed assurda quando era forzata da Montanelli sino ad implicare il soffocamento di ogni iniziativa dal­l'esterno: portata alle estreme conseguenze una simile teoria avrebbe, in un paese che gli eventi del '48-'49 avevano privato delle sue élites rivoluzionarie, lasciato via libera all'affermazione delle forze opposte, né più né meno come l'altra teoria, pure enunciata da Montanelli, per la quale a nessuno era lecito arro­garsi il diritto di rappresentare la volontà rivoluzionaria degli Italiani. Eppure proprio Montanelli non rinunziava, in questo stesso momento, a quella fun­zione di cui avrebbe voluto espropriare Mazzini, al compito, cioè, di raccogliere e riorganizzare dall'esterno le forze disperse dai recenti disastri; non solo, ma in lui la lucida consapevolezza dell'antitesi tra Piemonte e repubblicanesimo come unica alternativa possibile in vista di una soluzione del problema italiano ren­deva ancora più grave l'effetto della sua azione che di fatto avrebbe portato ad
il quale vede te e non altri, e parla del Programma Mazzini, di Proclami Mazzini, del­l'Imprestilo Mazzini (in A. M. GHISALBERTI, Giuseppe Montanelli cit., pp. 212-213). Montanelli è roso da una vanità smodata, e siccome quei che hanno il tarlo nel cuore lo sospettano sempre negli altri, egli crede me dominato dall'ambizione : cosi Mazzini interpretava questa presa di posizione da parte di Montanelli (alla madre, 24 agosto 1851, in S.E.I., XLVII, p. 29).
2?) Ferrari giudicava Moja il migliore dei Piemontesi (lettera a Cernuschi, mag­gio-giugno 1851, in F. DELLA PERUTA, / democratici e la rivoluzione italiana cit., p. 439).
28) Cfr. G. TALAMO, La formazione politica di Agostino Depretis, Milano, A. Giuffrè, 1970, p. 215.
29) Jvi7 p. 235.
30) G, MONTANELLI, Memorie sull'Italia e specialmente sulla Toscana dal 1814 al 1850, Torino, Società editrice italiana, 1853, I, p. VI.