Rassegna storica del Risorgimento

MASSARI GIUSEPPE OPERE; STORIOGRAFIA ITALIA; VITTORIO EMANUELE
anno <1980>   pagina <14>
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LE FONTI DELLA BIOGRAFIA DI VITTORIO EMANUELE II DI GIUSEPPE MASSARI
Il Pantheon aveva appena accolto i resti mortali del Re, quando Giuseppe Massari si dava da fare per raccogliere notizie e, soprattutto, aneddoti su Vit­torio Emanuele II, col l'intenzione di scriverne subito la biografia, così come aveva fatto per Cavour e farà per La Marmora.
Massari è certamente un testimone e un narratore attento, consapevole, in-telligente degli eventi di cui è stato testimone da un osservatorio posto in ottima posizione, ma, invece di abbracciare tutto il panorama, guarda solo in una dire­zione; cavallo di razza, ha, però, i paraocchi
Anche quando si accinge a scrivere la biografia del Re, per ottenere infor­mazioni si rivolge solo a destra. La Sinistra, persino quella più costituzionale, lo allarma o, forse, più semplicemente, non ritiene che la testimonianza di quella parte sia indispensabile, come, invece, è per spiegare Fazione, la popolarità, il mito di un Sovrano che non disdegnò miai quei contatti che a Massari appari* vano blasfemi. Questo il suo atteggiamento quando deve trattare di Vittorio Emanuele; questo il suo limite anche come collaboratore di Cavour. La cosa è certamente più grave nel primo caso, perché si tratta di scrivere di colui che aveva avuto tra i suoi confidenti Rattazzi e non porrà tempo in mezzo per chia­mare Depretis al governo nel 1876; di colui che considerava amico Garibaldi e non aveva disdegnato neppure un contatto con Mazzini. Era stata forse la Destra a creare la formula: Italia e Vittorio Emanuele?
Massari, a mio avviso, non esclude di proposito l'azione della Sinistra; la ignora. Cavour, l'ho già scritto altra volta, " lo conosceva cosi bene da tenergli celati i suoi contatti con la Società nazionale di La Farina, anche quando essa aveva perduto la carica democratica che Daniele Manin aveva impressa al Par-tito nazionale Persino Giorgio Pallavicino doveva apparire rivoluzionario a chi riusciva a perdonare solo a Gioberti, suo primo amore, la presidenza di un governo non solo democratico, ma demagogico!
Le fonti del Massari, quindi, sono, prima di tutto, la sua conoscenza diretta degli avvenimenti durante i governi Cavour e, dopo la morte del conte, la lunga milizia parlamentare durante la quale egli fu assai sollecito a farsi includere anche in commissioni protocollari. Ma il grande ministro non aveva potuto considerare il Sovrano un esecutore d'ordini; ma Massari si era sempre più irrigidito nel suo conservatorismo dopo il 1861. Ne sono convinta anche se, in questi ultimi anni, è stata tanto decantata da sinistra la sua relazione sul bri­gantaggio. Chi lo ha fatto dimentica che egli era segretario di una Commissione nella quale sedevano, assieme al presidente Sirtori, uomini che rispondevano al nome di Aurelio Sani e Nino Bixio. Doveva pure esprimere i sentimenti di tutti!
Che Massari non tenga conto forse perché li ignorava dei contatti tra Vittorio Emanuele e Mazzini per la soluzione del problema veneto è più
" Il diario di G. Massari 1858-1860 in EMILIA MORELLI, 1849-1859. I dieci anni che fecero l'Italia, Firenze, Le Mounier, 1977, p. 96 sgg.