Rassegna storica del Risorgimento
MASSARI GIUSEPPE OPERE; STORIOGRAFIA ITALIA; VITTORIO EMANUELE
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1980
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Le fonti di Giuseppe Massari 21
dell'avvenire; ed infine in quel momento stesso in cui gli abbondavano intorno nomini devoti al reggimento assoluto, ostili al reggimento costituzionale, e dovette perciò egli medesimo contrastare co* suoi atti a queste idee e a queste tendenze .
Come stavano le cose all'arrivo del nuovo Sovrano a Torino?
La reazione si preparava e sollevava il capo, giovandosi del sentimento monarchico piemontese, dello spauracchio della Repubblica, e del sentimento religioso per fare del Re stesso il proprio vessillo, ed il proprio instrumento il più efficace. E non v'ha dubbio cbe, per poco che il Re avesse, anche solo tentennato, la reazione avrebbe avuto assai buon giuoco.
Quando il Re tornò a Torino una grossa parte dell'aristocrazia e dei chierici piemontesi si agitava, e non taceva il suo desiderio, e le sue speranze di vedere il Re spingerai nella reazione, e s'arrabattava di spingervelo. Il grido che ne usciva di viva il Re, le mura cbe ad ogni tratto portavano scritto questo grido, esprimevano il voto del ritorno del Re netto, come dicono gli Spagnuoli, cioè del Re assoluto.
Si voleva, insomma, cbe Vittorio Emanuele ricalcasse le orme di Vittorio Emanuele I dopo la caduta di Napoleone. Sull'altro fronte quello cui apparteneva allora Cadorna le cose non si presentavano bene.
Il partito liberale-costituzionale era prostrato, e la battaglia di Novara gli aveva quasi tolta ogni efficacia di parola e di influenza; egli era rimasto soccombente in battaglia, dunque (colla solita logica) egli aveva avuto torto. Oltracciò questo partito avendo dovuto far causa comune col partito repubblicano, e avendo costituito la maggioranza insieme col medesimo, perché ambedue avevano voluto la guerra nazionale, cbe fu il programma del 1848-49, e figurando tuttora con questo ultimo quasi una sola cosa in faccia all'Europa, ed a gran parte del Paese, ritraeva da ciò stesso una grande debolezza, e quasi la impotenza; e certamente ispirava la più grande sfiducia.
Entro questa cornice, è logico che Cadorna insista sull'importanza fondamentale della scelta operata all'indomani stesso di Novara da Vittorio Emanuele II, importanza che è certamente primaria, ma che non mi sentirei di definire già italiana, come la considera il futuro presidente del Consiglio di Stato. D'accordo, invece, con il periodo finale del suo racconto: Non è quindi a meravigliarsi se coloro che a Torino gridavano Viva il Re, prima che egli prestasse giuramento allo Statuto, dopo che egli lo ebbe prestato lo gridassero, e sulle mura della città, nei clubs e nei crocchi e nei caffè il Re giacobino .33J Massari riprenderà questo appellativo, ma lo posporrà al 1852, per sottolineare l'acredine verso il Piemonte degli Stati reazionari italiani.34)
Il giovane Sovrano si avvia in Parlamento per giurare lo Statuto. L'incidente occorso mentre saliva le scale, la caduta, cioè, del rosone che spezza via le frange delle spalline dell'allora colonnello Menabrea, è ripresa pari pari dal racconto di quest'ultimo.35) Forse Massari ha fatto bene a non riferire il seguito della rievocazione che appare ispirato da sentimenti non del tutto obiettivi. Dopo domandai è Menabrea che ricorda al senatore Giulio (che, 6e non erro, era questore o segretario del Senato) come fosse avvenuto che quel
33) Fogli di ricordi acclusi alla lettera di Carlo Cadorna a Massari del 1 febbraio 1878. Tutte le citazioni da fonte Cadorna sono tratte da questo documento.
34) Gap. XXIX.
35) Cap. VI e, con altre parole, in L. F. MENABREA, op. cit., p. 106.