Rassegna storica del Risorgimento
MASSARI GIUSEPPE OPERE; STORIOGRAFIA ITALIA; VITTORIO EMANUELE
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1980
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Emilia Morelli
Terenzio Mamiani riferisce le reazioni del Re, in consiglio dei ministri, alle proposte sul titolo che doveva assumere, all'indomani dell'unificazione.74) Tatto è riprodotto esattamente, ad eccezione di un assolutamente in luogo di un onninamente ; non possiamo dare torto a Massari per questa correzione! Sempre in tema di notizie fornite dal ministro della Pubblica Istruzione in quello stesso capitolo, dobbiamo notare che Massari non è felice quando riassume il brano che tratta dell'atteggiamento del Sovrano di fronte al variegato panorama politico italiano. Leggiamo la fonte:
Un abito qualitativo della sua mente e dell'animo suo era di non passionarsi mai per nessuna opinione o partito; e ragionandone in Consiglio, sempre traeva fuori qualche motto e frizzo piacevole sulla Destra quanto sulla Sinistra, mostrando di vivere coi pensieri in ambiente più sereno e più alto; che è in fondo il secreto di Stato e l'abilità più importante ad un Re costituzionale, massime ne* nostri giorni.
Tra l'altro Mamiani non intendeva riferirsi specificamente, come vuole Massari, ai discorsi per Roma capitale. Sui quali, invece, ha fatto benissimo a sopprimere il racconto del conte della Rovere, il quale sostiene che sono stati pronunciati all'insaputa del Re, non solo, ma che Vittorio Emanuele avrebbe nutrito sull'argomento le stesse perplessità che Giuseppe Ferrari esporrà in Parlamento. Yale la pena comunque di sapere quel che scrive Mamiani: Se io debbo, per altro, giudicare da qualche frase sfuggita al Re, egli stimava che intendimento del Cavour fosse di tenere a bada i piemontesi con la prospettiva lontanissima e pressoché favolosa del possesso di Roma .
Può apparire strano il fatto che Massari scivoli, alle volte, su avvenimenti fondamentali, per soffermarsi più a lungo su questioni marginali. La ragione è da ricercare nella sua posizione politica abbiamo già ricordato l'incontro di Teano e potremmo aggiungere quel suo qualificare, nel 1878!, vero lampo di genio l'idea di Gioberti di intervenire in Toscana;75) nella sua simpatia per personaggi che non sempre si trovano d'amore e d'accordo col Re, ma anche alle informazioni che gli erano state fornite nella sua inchiesta preliminare e che, per cortesia, non poteva mettere da parte. È il caso delle pagine dedicate, per il 1862, ai decreti di immissione nei ruoli dell'esercito regolare degli ultimi ufficiali garibaldini.76) Sul fatto l'ha intrattenuto a lungo Agostino Petitti, a dire del quale l'idea era nata in Rattazzi per evitare che Garibaldi tentasse di valersi dell'antico suo esercito per mandare ad effetto progetti che potessero essere dannosi e fors'anche fatali all'Italia . Si era nel marzo del 1862 e tutti i tmini-stri, ma più vivacemente Rattazzi, Depretis e Pepoli, espressero il parere che la soluzione fosse da ricercarsi nella fusione dei due eserciti. Si trattava, quindi, di un provvedimento politico, che Petitti fu costretto a prendere nonostante le risposte tutte contrarie alla riunione dei due eserciti dei generali ai quali aveva chiesto consiglio. Essi, però, si adoperarono col massimo impegno, e con tutta l'autorità di cui godevano nell'Esercito per facilitarne l'esecuzione e far scomparire il malumore ed i contrasti . Yale la pena di leggere il finale della
74) Cap. LXV.
75) Cap. VI. ? Cap. LXIX.