Rassegna storica del Risorgimento

MASSARI GIUSEPPE OPERE; STORIOGRAFIA ITALIA; VITTORIO EMANUELE
anno <1980>   pagina <35>
immagine non disponibile

Le fonti di Giuseppe Massari
35
lettera (Massari non ritenne opportuno riprodurlo) perché ci dà la misura del galantomsmo di Petitti.
Del resto chi direbbe ora che l'esercito italiano è composto di elementi che si trova* vano un giorno separati? E quale che ami la Patria che non si rallegri che i Bhdo, i Medici e tanti altri abbiano potuto rendere nel 1866 i servizi che hanno resi nell'esercito maggiori assai di quelli che avrebbero prestato in corpi volontari?77)
Petitti era, evidentemente, d'accordo con il Sovrano il quale, durante l'iter del decreto aveva ricordato questo Massari lo riferisce Calatafimi, Palermo e S. Maria di Capua accanto a Pastrengo, Goito, Palestro e San Martino.
Egli aveva per sistema di lasciare ai suoi ministri tutta la libertà della loro responsabilità .78 Ecco quello che rimane delle penetranti osservazioni di Ste­fano Castagnola che dobbiamo, per questo, riprodurre integralmente:
Vittorio Emanuele lasciava ai suoi Ministri la più ampia libertà di azione. Nemmeno presiedeva il Consiglio dei Ministri. I giornali Io annunziavano, ma quando Egli riceveva collegialmente i suoi Ministri (e ciò avveniva ordinariamente due volte la settimana, la domenica ed il giovedì) Egli era per ricevere da loro la relazione degli affari di Stato la quale poi consisteva nella presentazione al .Re delle leggi e dei decreti ai quali apponeva la sua firma.
I Ministri si presentavano col loro portafoglio sotto il braccio, facendo un profondo inchino. Il Re li riceveva col solito suo buonumore; porgeva la mano al Presidente del Consiglio, e quindi prendeva posto sopra il seggiolone, in capo di un lungo tavolo, coperto di velluto cremisi, coi piedi dorati. I Ministri sedevano attorno su nove sgabelli, e presen­tavano attorno (sic) alla firma del Re, le leggi e i decreti.
II Re affettava quasi di non occuparsi delle cose di Stato davanti ai suoi Ministri collegialmente radunati. Durante la firma scherzava coi medesimi in modo gioviale e famigliare.
Ciò però non era che apparenza. Egli avea lunghi e frequenti colloquii col Presi­dente del Consiglio, coi Ministri degli Affari Esteri, della Guerra e delle Finanze.
Talvolta poi nell'occasione della firma di una legge o di un decreto, coglieva l'occa­sione per rivolgere al Ministro che gliela presentava, interpellanza su quel ramo di servizio al quale l'Atto si riferiva; e si rimanea meravigliati della conoscenza che in quell'occasione Ei dimostrava di quella materia.
Non solamente il Re conversava in modo affabile e famigliare coi suoi Ministri, ma non si offendeva delle verità che i medesimi gli esprimevano in modo franco e scevro da adulazione.
Qualche volta però, ma assai raramente, sapea prendere... direi quasi potere da Re ed usare un linguaggio che avea qualche cosa di aspro. Le questioni che toccavano l'orga­nizzazione dell'esercito, la sua disciplina, la pubblica tranquillità e sicurezza lo metteano sopra pensiero.
Allorquando poi il Ministero era dimissionario o che avveniva qualche crisi mini­steriale, Egli allora avocava a sé, per così dire, tutta la regia autorità. Spetta a me diceva allora in un tono tra il serio e il faceto tocca a me il rimediare ai pasticci di lor Signori... basta ci penserò e provvederò . ")
Rapporti del Re con i ministri Un'altra testimonianza che ci fa tornare indietro di una decina d'anni anche questa non travasata da Massari nella
W. Lettera di Agostino Petitti di Roreto dell'8 febbraio 1878.
78) Cap. LXXI.
79) Fogli di ricordi di Stefano Castagnola che avremo occasione di citare spesso. Essi sono acclusi alla lettera del 27 marzo 1878.