Rassegna storica del Risorgimento
MASSARI GIUSEPPE OPERE; STORIOGRAFIA ITALIA; VITTORIO EMANUELE
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1980
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pagina
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53
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Le fonti di Giuseppe Massari 53
Yale la pena, invece, di riprendere in mano ancora una volta la prosa di Terenzio Mamiani per inquadrare meglio di quel che non abbia fatto Massari le parole del Re al guardasigilli Cassinis a proposito del valore della scomunica* 138J Anche il conte della Rovere era stato interpellato non tanto nella sua qualità di ministro della Pubblica Istruzione del governo di Torino, quanto per la sua esperienza di presidente del Consiglio pontificio nel 1848. C'è un po' di confusione nel ricordo, perché non si fa distinzione fra l'occupazione delle Legazioni all'epoca dei plebisciti e la susseguente campagna delle Marche e dell'Umbria. Ma siamo sempre al 1860. Riproduco anche la replica del Re a Cassinis, perché contiene delle varianti sul testo a stampa. Questa volta, infatti, è Massari che mette in bocca al Sovrano parole in perfetto stile, mentre Mamiani aveva ritenuto più pittoresche ed efficaci le frasi autentiche di Vittorio Emanuele.
Durante il mio ministero, un giorno il Re domandò di vedermi ed io recatomi tosto da lui lo trovai seduto con in mano una lettera. Il Re salutatomi e fatto cenno che io sedessi mi porse la lettera e mi chiese con faccia seriosa se quella forma di scrittura fossemi nota. Certo non mi è ignota, soggiansi, e con la memoria vo cercando di chi possa essere . Legga, mi disse il He, e subito le sarà noto . Era una lettera di Pio IX parte affettuosa ed esortativa e parte di rimprovero e di minaccia per l'entrata delle nostre armi in Bologna e nell'Emilia-I39 Io non perdetti tempo in altro e subito mi posi a provare che occupando noi il dominio temporale ecclesiastico non per questo recavasi danno e pericolo alla religione. Statomi a udire un buon pezzo finì con le infrascritte parole: ce Quanto avrei desiderato che alla salvezza d'Italia non fosse bisognato occupare il territorio papale! Ma ora è troppo tardi e i popoli sonosi dichiarati per modo che abbandonarli sarebbe colpa e viltà . Dopo tale colloquio e convintomi del mal celato turbamento del Re, io ne informai il Cavour al quale parve un caso né nuovo né inaspettato. Ma come la cosa andasse, la conclusione si fu che le armi nostre proseguirono l'opera loro insìno ad oltre Viterbo, dove Napoleone IH ci vietò di restare. E infrattanto nel Re sembravano dileguate le impressioni che dissi per modo che avvertito un giorno dal Ministro della Giustizia Cassinis dovere le bolle di scomunicazione per avere effetto in un principe essergli consegnate e porte nelle proprie mani, il Re ridendone gaiamente rispose tosto al Cassinis: Stando cosi il negozio non dubiti, Ministro mio caro, che appena vedrò un prete aver Paria di volermi parlare, io mi ficcherò ambe le mani entro le tasche o dell'abito o dei calzoni e non le caverò mai insino a tanto che quel messere mi starà ritto innanzi .
Ma, a un certo punto, era stato inevitabile fissare il soggiorno ufficiale del Re a Roma; Vittorio Emanuele non ci stava bene e prendeva ogni scusa per svignarsela, anche dopo il 1874, quando aveva sistemato la contessa di Mirafiori tra le piante secolari di via Nomentana. Su questa sua ritrosia a prendere stabile possesso del Quirinale, possiamo citare tre testimonianze. La prima è di ordine squisitamente politico e ci viene da Giovanni Lanza:
In quanto alle sue opinioni sopra Roma e il Papa ti posso assicurare, ch'Egli personalmente avrebbe fatto di meno di venire a Roma, ma comprese subito la suprema necessità di compiere quest'alto per consolidare la grande opera dell'unità d'Italia.
38) Cap. LXII.
139) Dovrebbe trattarsi della lettera di Pio IX del 14 febbraio 1860 che Massari riproduce assieme al resto della corrispondenza col Re nel cap. LIX. Vedila, in facsimile, con la correzione di mano del Re dell'indirizzo Au Comte de Cavour , in II carteggio Cavour-Nigra dal 1858 al 1861, a cura della R. Commissione editrice, voi. Ili, Bologna, Zanichelli, 1928, tra le pp. 98 e 99.