Rassegna storica del Risorgimento

ASCOLI GRAZIADIO ISAIA; CONGRESSI GORIZIA 1979
anno <1980>   pagina <61>
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In margine ad un convegno
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cipi ispiratori, ma anche in molti suoi contenuti essenziali, comuni con quella delle altre regioni d'Italia.
Ma in questo momento di crisi dello Stato unitario nato nel Risorgimento e dei valori unificanti che per oltre un secolo l'hanno sorretto, anche nell'area veneto-giuliana e in Friuli in particolare, si sono palesate tendenze e istanze per una revisione di quelle interpretazioni complessive della storia regionale in una prospettiva pur facilmente spiegabile di ricerca delle proprie radici particolari, di indagine sulla peculiarità delle vicende locali considerate in modo sempre più autonomo da quelle sia dell'area regionale circonvicina, sia da quelle nazio­nali.
Le ragioni, al di là e oltre questa principale, dovuta al superamento del modello di Stato centralizzato sorretto da una parallela concezione unitaria della storia etico-politica ed alla sua sostituzione con un ordinamento giuridico alter­nativo fatto di autonomie e fondato su comunità intermedie che cerca una sua ideologia giustificativa nella storia del particolare e del locale , sono anche altre. La prima, forse, e la più nobile, certo, è dovuta alla vocazione europei­stica, alla volontà, cioè di superare le singole entità nazionali recuperando ad un tempo le tante piccole patrie locali fino ad ora fuse nella realtà politica e sociale di Stati più o meno accentratori, per dar vita con queste ad una nuova realtà più vasta, ma possibilmente più efficiente ed umana, perché rispettosa delle loro tradizioni antiche e dei loro usi particolari. Tendenza questa partico­larmente forte nelle zone alpine ove i contatti di genti diverse per lingua e cultura sono sempre stati più frequenti e dove quelle singole patrie , margi­nali o di frontiera per la collocazione geografica periferica rispetto agli Stati cui appartengono, appaiono invece centrali perché site nei luoghi di necessario passaggio e di obbligatorio incontro. E questo discorso, se è vero per la regione Friuli-Venezia Giulia, è anche verificabile per ogni altra regione alpina confi­nante con aree dalle caratteristiche culturali e civili se non del tutto simili almeno affini e soggette alla sovranità di Stati diversi. L'immagine, cioè, dei valichi alpini creati dalla natura per il passaggio di nomini e cose tende così a sovrastare quella della barriera naturale insita nella visione della lunghissima catena di cime, dando alla montagna il compito di avvicinare e non di dividere i popoli clie abitano alle sue falde. Ed in questo senso chi sta di qua delle Alpi Carni die o delle Alpi Giulie vuole sentirsi affine a chi ne è al di là, ricercando elementi comuni imposti dalla natura e dall'ambiente nel modo di vivere e di sentire, anche se ciò implica in certa misura il superamento di talune visioni recepite della propria storia nello sforzo di privilegiare, forse un pò9 irenica-mente, ciò che è stato foriero di incontri, dimenticando invece o almeno atte­nuando quanto fu causa di scontri.
Un'altra ragione, invece, è dovuta alla considerazione del mutato ruolo che nel contesto regionale, a causa delle tragiche vicende della seconda guerra mondiale culminate con la perdita dell'intera Istria, compresa la così detta Zona B del mai eretto Territorio Libero di Trieste, perdita questa codificata definitivamente in diritto dall'accettazione, forse un po' incauta e sicuramente frettolosa, da parte italiana del Trattato di Osimo, hanno ora reciprocamente l'intero Friuli e la piccola provincia di Trieste, ormai ridotta quasi alla sola città-capoluogo. Non v'è dubbio che, in queste condizioni, serrata in uno spazio limitatissimo e priva di quello stretto rapporto con un suo contado che in pas­sato aveva costituito la base della sua espansione urbanistica ed insieme della sua crescita sociale, perché la città aveva fatto borghese il villico ed al tempo etesso l'aveva italianizzato con la forza della sua civiltà e della sua culura.