Rassegna storica del Risorgimento

ASCOLI GRAZIADIO ISAIA; CONGRESSI GORIZIA 1979
anno <1980>   pagina <62>
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Carlo Ghisalberti
Trieste vede scemare grandemente la sua importanza e le sue prospettive nel­l'intera regione mentre al contrario il Frinii emerge progressivamente con il peso della sostanziale integrità della sua area. Nella storia plurisecolare della regione raramente Trieste aveva avuto nn destino politico comune col Friuli e, quindi, diversa era stata nel tempo la condizione delle due società, cittadina e mercantile nelle sue prospettive la prima, ed aperta alla circolazione di uomini, di idee e di cose, contadina nella sua essenza la seconda, legata più immediatamente alle sue tradizioni e chiusa nei limiti della sua piccola Patria . Ma pur sempre l'area friulana era stata in contatto con quella triestina dai tempi più antichi, come era peraltro naturale data la contiguità territoriale: si trattò di un contatto rivelatore di una vasta e profonda serie di legami che, al di là del destino poli-tico raramente comune, più spesso diverso del Friuli rispetto a quello della città adriatica, si era estrinsecato, oltre che attraverso la costante circolazione ed il perenne scambio di persone, e, quindi, di idee, di modi di vivere e di mentalità, anche nella consapevolezza di quella identità civile e culturale rap­presentata dalla tradizione prima romana poi italiana. La mentalità del triestino, cittadino integrato in un ambiente fortemente mobile sul piano sociale e pro­clive ai contatti con genti più diverse, poteva essere differente da quella del pae­sano friulano, legato alla sua terra ed al modo di vivere rustico che gli era proprio e, quindi, meno portato, se non perché spinto dalla necessità della vita, allo spostamento ed all'abbandono del suo ambiente; ma l'uno e l'altro, con­sapevolmente in certi momenti della loro storia, inconsapevolmente forse in altri, avevano comune quel patrimonio culturale antico che, al di là del grado di sviluppo civile e sociale dell'area in cui vivevano, costituiva l'essenza della loro più genuina tradizione. Per questo nel pensiero storico l'entità regionale è stata nel tempo motivata e giustificata in nome di quella tradizione fatta di un antico retaggio civile e di un costante sviluppo culturale.
Ma adesso, nel mutarsi delle prospettive e degli interessi seguito all'allon­tanamento del clima politico che l'aveva vista sorgere e grandeggiare, l'interpre­tazione storiografica che aveva mostrato il nesso regionale abbracciarne le diverse parti del Friuli-Venezia Giulia e che aveva sottolineato il carattere emi­nentemente nazionale della sua vicenda passata ravvisandolo in quelle motiva­zioni etnico-culturali più o meno accentuate che erano state accolte, tra gli altri, anche da Graziadio Isaia Ascoli, sembra ora apertamente contestata da una vi­sione estremamente settoriale e provinciale della storia del Friuli.
Mentre il passato di Trieste viene ripensato nella sua effettiva comples­sità affinché la città, liberandosi anche dai miti che le hanno spesso impedito di riconoscere la sua vera identità, ritrovi una funzione culturale e civile idonea al mondo di oggi riflettendo sul ruolo di ponte tra genti diverse e civiltà diffe­renti svolto in un passato poi non troppo remoto, ed in questo senso le sugge­stive pagine di Giorgio Negrelli rappresentano un'indicazione preziosa (Al di qua del mito: Diritto storico e difesa nazionale nelV'autonomismo della Trieste asburgica, Udine, 1978), la storia del Friuli è concepita spesso in modo aspra­mente polemico ed è vista da taluno con toni ed accenti ben diversi da quelli con cui era stata descritta sin dalla prima metà del nostro secolo da un Paschini o da un Leieht, L'opera di questi viene oggi in realtà tenacemente difesa e spie­gata nei suoi contenuti più vitali dagli accorati accenni di Carlo Guido Mor (cfr., per es., Pio Paschini nella storiografia friulana, oppure La storia della Carnia di Pio Paschini), rettamente preoccupato di saldare nell'evoluzione del pensiero storiografico friulano i più recenti dati riportati dalla bella sintesi di Francescato e Salimbeni a quel patrimonio di conoscenze recepite dalle passate