Rassegna storica del Risorgimento

PECCHIO GIUSEPPE SCRITTI
anno <1980>   pagina <131>
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FONTI E MEMORIE
GLI SCRITTI DI PECCHIO
Il Pecchio non è, fra i minori del Risorgimento, dei dimenticati o trascu­rati. Come memorialista poi, quantunque alcuni scritti minori, quali la deliziosa relazione di Un'elezione di membri del Parlamento in Inghilterra, fossero pres­soché spariti dal mercato librario, altri, e fra esse le capitali Osservazioni semi­serie di un esule in Inghilterra, hanno avuto una recente ristampa (presso Longa­nesi nel 1976), e già erano state riproposte al pubblico italiano dal Prezzolini presso Carabba nel 1913. Né ha smesso di venir ricordata, non fosse che per la tesi centrale che si propone di dimostrare, la sua memoria Sino a qua! punto le produzioni scientifiche e letterarie seguano le leggi economiche della produzione in generale la quale, proprio perché spinge fino al paradosso i legami tra la qualità e il numero delle opere d'arte e di pensiero e i bisogni del mercato, non ha mai cessato sia di interessare quanti intendano riaffermare l'autonomia dell'arte dalla categoria dell'economia (come esempio di riduzione all'assurdo della tesi opposta), sia (p. es. da quel ciarlatano celebre in altri tempi che fu Paolo Orano) come un esempio di riuscita indagine, che innalza il Pecchio a immancabile precursore di Carlo Marx . E tuttavia è mancata fin qui una piena caratterizza­zione del personaggio, di cui è dato cogliere più facilmente l'impulsività e l'acume che la parte storica che gli toccò in sorte a ciò che costituisce il nucleo del suo ingegno e del suo operare.
Perché questa sorte del Pecchio? Essenzialmente, essa si può ricondurre al fatto essenziale che, attivissimo nella cospirazione lombardo-piemontese del 1821, passato poi attraverso le esperienze di Spagna e di Portogallo, finì per assimilarsi rapidamente alla società inglese nella quale trascorse gli ultimi suoi anni e com­pose le sue opere significative, senza eccezioni, nel corso del suo esilio; e tuttavia non arrivò né a staccarsi dalla situazione italiana, né a segnare anche per la breve vita e la cagionevole salute un solco profondo nella cultura del paese che aveva adottato. In altre parole, il Pecchio non incontrò i tempi , il che vale non solo in politica, ma in tutto il corso della vicenda storica. La generazione del '21 resta, nella memoria degli Italiani, per il ricordo dello Spielberg e delle partecipazioni degli esuli alle lotte della libertà in Europa: è la generazione dei Confalonieri (che agli occhi dei contemporanei fu il grande notabile, quasi il principe in catene), dei Pellico e dei Berchet, che tradussero in accenti di poesia e dominarono con il sentimento etico la vicenda del carcere e dell'esilio, dei Pacchiarotti o dei Santarosa, che andarono a morire in Grecia e in Spagna; e anche i minori di quei martiri, come il Castilia, il Borsieri, il Maroncelli, non sono ricordati certo per l'opera loro, pur non indifferente, di diffusori della cultura italiana negli Stati Uniti, o per il loro insegnamento di grammatica o per doti scientifiche ma per la tradizione che tenevano desta, quasi atto di nascita della nuova Italia romantica, per la loro appartenenza allo generazione dello Spielberg; ai proscritti d'Italia, come li aveva intravisti a Genova il Maz­zini fanciullo. E non è un caso che nelle prime file delle successive vicende poli­tiche si ritrovi il Pallavicino, che ha tanti punti in comune col Pecchio, ma che