Rassegna storica del Risorgimento

PECCHIO GIUSEPPE SCRITTI
anno <1980>   pagina <133>
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Gli scritti di Pecchia
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aveva come programma prima del '48, e lo rimpianse sempre, gli Stali dell'Austria) egli colse nella costituzione di Spagna proprio la duplice eredità della rivoluzione girondina (di qui la professione della fede nella sovranità nazionale e nell'uni­cità delle Camere) e del monarchismo, o militarismo, o centralismo napoleo­nico; ed ecco spiegato il suo volgersi a casa Savoia, come unica forza capace (la Francia allora era in pieno dibattito della Restaurazione) di accoppiare una mo­narchia militare non già con un sistema di storici contrappesi, ma con la demo­crazia. Guardando alle opinioni politiche del Pecchio dei primi anni (cospira­zione, esilio in Spagna e Portogallo) cogliamo molto bene quel misto di estremismo democratico e di rifiuto della conclusione repubblicana che caratterizzò la prima parte del secolo e trovò poi un compromesso pratico nel rinato bonapartismo.
A parte questa caratteristica del pensiero del Pecchio, ben notata dal Ber-nardelli, non è da stupire se, come tutti quei congiurati (lo stesso Confalonieri, il Pellico, il Borsieri e via dicendo) egli alternasse estreme audacie e altrettanta ingenuità; gli uomini del '21 non si rendevano ancora ben conto dello stato che avevan di fronte; quell'episodio era sempre per loro un po' la rivendicazione dal provvisorio del 1815, il nuovo regime non si era ancora radicato nei costumi. Come è noto, quasi tutti cercarono di giocare l'Austria, di far compromessi con essa, o di persuaderla di esser stati animati nei suoi confronti dalle migliori inten­zioni. Perciò erano assieme ammirati e compatiti da quello Stendhal che trattò il Pecchio con generosa stima nei suoi scritti. Di qui il tentativo del Pecchio di negoziare con le autorità austriache il suo ritorno, e poi la lettera polemica a stampa spedita a Milano, di cui anche gli amici più .cari si dolsero.2) E a propo­sito dei rapporti con lo Stendhal, e di questi non solo con il Pecchio, ma con l'ambiente a lui vicino, penso sia cosa giusta ricordare che Bruno Pincherle,3) in un suo acuto libro (In compagnia di Stendhal* Milano, all'insegna del pesce d'oro) ha studiato con singolare penetrazione i costituti di Metilde Dembowski (Me-tilde Yiscontini, moglie separata del generale Dembowski e vano amour pas-sion dello Stendhal) : una giovane donna che in mezzo a tutti quegli uomini che si contraddissero, pasticciarono e finirono per cadere in braccio alla polizia, seppe districarsi così bene da non rinnegare nessuno dei suoi amici, né denunciarne alcuno, né ammettere nulla, quantunque fosse chiaro che essa aveva fatto perve­nire all'esule Pecchio una grossa somma.
Si salvò, anche, oltre ohe per la propria finezza e il proprio sangue freddo, perché il cavalleresco maresciallo Bubna, reclamando il suo caso come dipen­dente dal foro militare (era pur sempre, formalmente, la moglie di un gene­rale in pensione), impedì che proseguisse contro di lei l'inquisizione; ma al primo e più grave pericolo aveva messo rimedio lei. Era stata innamorata del Foscolo e del Pecchio fu fida amica (non senza qualche sospetto e gelosia da parte dello Stendhal, ciò che dà tanto maggior pregio agli elogi che questi, éconduit da Metilde, fece più tardi di quegli che riteneva un fortunato rivale) .
Questa rivalità, o successione, nel loro passato, spiegherebbe anche l'ani­mosità nella vita del Foscolo scritta dal Pecchio, se essa non fosse piuttosto da riportare in genere all'ambiente mondano-letterario della capitale lombarda, oltre
2) XI BernardelU la riproduce in facsimile.
3) XI libro del Pincherle è fuori non solo della specialistica risorgimentale, bensì anche della professione di storico; ciò non toglie che in questo pediatra umanista e patito dello Stendhal, ci fosse, ben oltre la meticolosa cura dei particolari e la conoscenza e lo scru­tinio diligente dell'ambiente storico e del cuore umano, una singolare affinità, temperata dal­l'armonia, per i casi degli sprovveduti eroi della sua ricerca.